Lockdown e informazione: ecco il parere dell’esperto di comunicazione

Ieri il Governo ha prolungato al 3 maggio il lockdown. Una decisione che, nonostante il rallentamento del contagio evidenzia che l’Italia è ancora in emergenza sanitaria, così come in emergenza economica. Ma qual è il ruolo dell’informazione, di coloro che partecipano quotidianamente ai talk show. Senza escludere poi le molte persone che continuano ad uscire senza necessità, creando problemi a loro e agli altri. Insomma a volte sembra di essere nel caos più totale. Noi già in passato ci siamo occupati dei ruoli, competenze per carità senza censura e tutti questi interrogativi li abbiamo girati a Michele Petrucci esperto di comunicazione, che ci ha risposto così:

Prendiamo i dati dell’ultimo fine settimana: troppe persone in Italia sono  a uscite  di casa senza necessità violando così  i divieti imposti dal governo per tentare di arginare il coronavirius

Così nell’ultimo weekend c’è stato un boom di sanzioni e denunce in tutta Italia, in spregio agli appelli a restare in casa. E proprio ora che i contagi sembrano  diminuire,  questi  comportamenti superficiali e sconsiderati  che nessuna  stanchezza e insofferenza può giustificare, rischiano di compromettere tutto. Vanificando il sacrificio degli operatori sanitari (non solo medici e infermieri) facendo danno a se stessi ma anche  a coloro che  invece responsabilmente i regolamenti li rispettano. E costringendo sindaci e tutori dell’ordine, a trascurare attività più importanti peraltro in un momento così difficile, per rafforzare le ispezioni per arginare le violazioni. E a organizzare posti di blocco anche per il prossimo il week-end di Pasqua. Pensi c’è persino chi ancora sta pensando di andare a fare Pasquetta nelle seconde case).

Tutti devono invece capire in questa fase occorre stare a caso e non andare in giro se non per vera necessità. Credo questi atteggiamenti deprecabili hanno solo una minima attenuante (che, attenzione non costituisce giustificazione) e sono ahimè i frequenti comportamenti poco comprensibili anche da parte da chi invece dovrebbe essere di esempio. 

Penso allo tzunami informativo, o meglio  disinformativo, cui ogni giorno, a tutte le ore, minuto per minuto siamo sottoposti. C’era una volta il circo mediatico giudiziario. Il coronavirus ha sdoganato il circo mediatico sanitario: sui giornali, in televisione sembra che la preoccupazione principale sia scatenare la polemica. Per non parlare dei social media! Ho avuto l’onore di essere presidente del Corecom Lazio in cui le garanzie dell’informazione regionale sono state il mio scopo principale. 

Il pluralismo dell’informazione e la libertà di espressione sono il sale di ogni democrazia e come tali nessuno può pensare di condizionarle e tanto meno limitarle: soprattutto in momenti come questo in cui il cittadino vuole e deve essere informato. Però mi lasci dire che ormai sempre più spesso si assiste a informazione parziale, strumentale e soprattutto non basata su dati e informazioni rigorose quanto piuttosto fatta di dichiarazioni, smentite, precisazioni, omissioni, annunci, retromarce, manipolazioni, ipotesi, suggestioni, consigli, etc.  Un vortice senza capo né coda in cui nasce si auto alimenta ogni genere di fesseria che poi geneticamente trasformata, si trasforma nel quotidiano allarme, tra improbabili task force e Comitati di garanzia. Un delirio che finisce per alimentare balle (oggi si chiamano fake news ma sempre fesserie sono), che una minoranza non trascurabile di certa informazione, sta cavalcando per meri interessi di audience. Perché vede in questa fase in cui il contagio è ancora forte sia i dati che i metodi della ricerca sono parziali e non certificati ma solo dei meritori tentativi che però non giustificano, anzi sconsigliano, ricette e previsioni.

Una previsione è infatti di per sé difficile anche quando si può contare su osservazioni e dati certi e stabili. Figuriamoci ora! Fare previsioni oggi, in particolare per temi drammatici come il Covid 19, è un azzardo. Io dico che si tratta solo di pratiche divinatorie che, insieme a una comunicazione istituzionale non univoca e, ripeto, a una minoranza di scienziati (che passa da una tv all’altra, da giornale all’altro, producendo rubriche, rilasciando interviste e contraddicendosi fino ad arrivare ad accuse e insulti) contribuiscono a creare confusione e disinformazione che finisce per aumentare i comportamenti poco edificante.

Avvierei un confronto concreto e serio dunque coinvolgendo parti sociali e istituzioni ma senza Comitati pletorici, per predisporre le azioni da intraprendere quando effettivamente ce ne saranno le condizioni. Cioè prepararsi a ripartire ma senza continuare a ipotizzare date che in questo momento non possono essere ancora realistiche. E dobbiamo fare in modo che abbia tutte le informazioni nella maniera più facile e trasparente. Ma non è questo il punto. Il punto è che se i dati non sono affidabili, nemmeno a uno scienziato o a chi fa informazione deve essere consentito di parlare senza rigore e certezze! Perché va bene convivere con l’incertezza ma con le balle anche no. 

Le notizie sono una cosa seria. Scegliamo editori re fonti giornalistiche  attendibili e professionali. C’è ancora bisogno, ora più che mai, di responsabilità e buon senso di tutti. Non è una guerra. Non ci sono città bombardate. Ma comunque è il momento più difficile non solo per la salute ma anche per l’economia e per le nostre vite. La pandemia può fare ancora male. Vietato abbassare la guardia. Rispettiamo tuti le regole e prima finirà. E prima arriva il dopo. Sperando che il dopo sarà migliore del prima.

Il servizio è a cura del direttore Marco Fabriani