Il sindaco di Sesto San Giovanni Roberto Di Stefano racconta come Sesto San Giovanni, con i suoi 240 cittadini positivi e 160 in isolamento domiciliare, sta facendo fronte alla crisi dovuta al coronavirus. Tra alti e bassi e con un l’aiuto fondamentale dei volontari del terzo settore.
Sindaco, qual è la situazione attuale in città?
«Direi che abbiamo risposto molto bene sul territorio nella gestione dell’emergenza. Stiamo gestendo oltre 400 persone tra situazioni di isolamento (160) e 240 positivi. Per ognuno di loro c’è un protocollo differente da seguire ed esigenze diverse. La macchina dei servizi sociali sta dando risposte alla cittadinanza, non ultima la gestione del numero dove abbiamo messo educatrici dei nidi e materne a rispondere. Abbiamo ricevuto 4mila telefonate da quando lo abbiamo attivato, 1800 nell’ultima settimana. Siamo ricettivi su servizi importanti, come quello della spesa a domicilio. Siamo arrivati a fornire 100 spese a domicilio al giorno. Tutti i volontari, poi, devono essere dotati di materiali protettivi idonei così come le forze dell’ordine attive sul territorio».
Quali sono le difficoltà maggiori che il Comune sta affrontando?
«La difficoltà maggiore è far capire ai cittadini che le restrizioni sono finalizzate alla tutela della salute pubblica. Convincere i cittadini a non fare i furbi, a non stare in giro, che l’obiettivo non è fregare le istituzioni. Noi abbiamo 28 morti e 79 ricoverati in ospedale al momento: non è uno scherzo. Un’altra difficoltà è mantenere efficiente la centrale operativa Coc. Deve rimanere un presidio flessibile perché aumentando il numero delle persone da seguire aumenta anche la tipologia di servizi da offrire e i volontari coinvolti. Molti cittadini questa settimana hanno chiesto l’assistenza di un medico, noi abbiamo 20 medici in pensione che stanno fornendo a turno supporto telefonico alla cittadinanza e alcune ragazze che si sono messe a disposizione per l’assistenza psicologica. Non ultima la difficoltà dell’interpretazione normativa di continui decreti non specifici, che creano disagi sul territorio».
Qual è l’aiuto che ritiene più importante in questo momento?
L’aiuto più importante è il supporto del terzo settore, del volontariato. Per esempio, il sabato e la domenica alcuni cittadini sono venuti spontaneamente a rispondere al telefono (dopo essere stati formati per farlo) e le educatrici si sono fermate anche il sabato e la domenica, rimboccandosi le maniche fuori dall’orario di lavoro. Un altro aiuto essenziale sono le donazioni di privati per le mascherine, indispensabili ma anche sempre più difficili da reperire.
Che cosa punta a migliorare nella gestione dell’emergenza?
«Sto tentando di portare avanti un progetto (insieme ad Ats Prefettura e protezione civile nazionale) per isolare i pazienti positivi per 15 giorni in un hotel, al fine di tutelare i familiari negativi. È un progetto avviato anche all’hotel Michelangelo di Milano. La disponibilità del privato c’è già, de la questione dei tamponi per testare i familiari si risolverebbe coinvolgendo protezione civile e Ats. C’è anche la disponibilità di un privato a mettere a disposizione gli operatori socio sanitari per assistere i pazienti. Avremo novità per settimana prossima. L’albergo ha un centinaio di posti, principalmente andrà a copertura dei casi dimessi dagli ospedali Bassini, Sesto, Multimedica e San Raffaele».
Com’è la situazione nelle Rsa del territorio?
«Sono andato ieri alla Pelucca: non abbiamo nessun caso. Da un mese sono stati vietati gli ingressi ai familiari, eseguiamo il monitoraggio della temperatura a chi entra e a tutti i dipendenti sono state date le mascherine».