Abbiamo parlato dei rischi del Coronavirus per i bambini con il professor Corrado Moretti, primario emerito di Pediatria al Policlinico Umberto I di Roma.
Professore come si possono aiutare i bimbi e le mamme che si trovano a casa in ‘quarantena’ in questo momento?
«Un aiuto può essere dato fornendo informazioni molto precise in merito. La più importante è che i bambini sono molto meno vulnerabili alle infezioni da Coronavirus rispetto agli adulti. Sono stati riscontrati dei casi di bambini infetti, ciò risulta anche da lavori eseguiti all’estero, ma nella maggior parte dei casi i bambini erano stati sottoposti ai test non perché stessero male ma perché erano stati esposti all’infezione. Tutti loro, comunque, evidenziavano una sintomatologia molto lieve, con febbre mai superiore a 39, congestione nasale, tosse e talvolta sintomi gastrointestinali».
Qual è il tasso di mortalità tra i più piccoli?
«Un dato rassicurante è che tra gli 0 e i 9 anni la mortalità è dello 0 % e sale allo 0,2% tra i 10 e i 39 anni. Chiaramente il rischio esiste per tutti ma è decisamente inferiore per i più piccoli».
Quando un genitore deve decidere di portare il bambino al pronto soccorso?
«La raccomandazione dei medici del pronto soccorso è quella di andarci il meno possibile. Solo se il bambino presenta febbre alta, tosse e difficoltà respiratorie. Un sintomo, quest’ultimo, facilmente riconoscibile anche dai meno esperti e l’unico realmente preoccupante. Un’altra notizia positiva, confermata anche dal primario del Pronto Soccorso Pediatrico del Policlinico Umberto I, è che diversi bambini che si sono presentati con una sintomatologia respiratoria sospetta sono poi risultati negativi al tampone».
Quali cautele bisogna adottare?
«Tutte queste informazioni rassicuranti non escludono che sia necessario anche per i bambini adottare tutte le misure preventive raccomandate. Anche perché, forse proprio per questa sintomatologia lieve, i bambini potrebbero giocare un ruolo importante nella diffusione del virus, soprattutto verso i nonni che sono i soggetti più fragili».
Come convincere i bambini a rispettare le direttive igieniche?
«Provando a vivere questo periodo come una fase che può avere anche importanti aspetti educativi. Ai bambini più grandi, dopo i 4 anni circa, si deve dire la verità con parole adeguate. I bambini infatti capiscono tutto, non tanto per le parole che vengono loro dette, ma soprattutto grazie alla percezione inconscia dello stato emotivo del genitore e alle sensazioni generate dal suo comportamento, dal suo sguardo, dalla sua voce e dalla sua espressione. I bambini sanno tutto, ma non sanno di saperlo. Inutile nascondere la verità: una bugia o una verità addolcita saranno probabilmente causa di uno stato di conflittualità che avrà l’effetto di far perdere la fiducia del bambino nei genitori e creare uno stato di incertezza ed apprensione. È quindi sempre opportuno dire la verità, e nel caso del coronavirus spiegare la possibilità di contrarre malattie anche gravi, in particolare per le persone più anziane. Va però sottolineato che questo pericolo può essere annullato seguendo delle precise e importanti regole che ci vengono quotidianamente ricordate, lavarsi spesso bene le mani, soffiarsi il naso nel fazzoletto e soprattutto stare in casa rinunciando alla scuola, agli sport e agli amici».
Quale messaggio bisognerebbe veicolare dunque?
«Che le regole sono uguali per tutti e valgono per tutti. Rispettando le regole facciamo qualcosa di buono per noi e per gli altri, collaboriamo con gli altri e rispettiamo gli altri. Si stimola in tal modo il senso di appartenenza alla comunità ‘Italiana’ e per la nostra comunità stiamo facendo qualcosa di molto importante. Attraverso un comportamento virtuoso si otterrà il successo contro la malattia, si farà del bene ai nostri parenti e amici. Facciamo parte di una grande orchestra, modello di società perfetta: diamo il meglio di noi stessi nel completo rispetto degli altri e in sintonia con gli altri. L’unione fa la forza, fondamentale insegnamento, e sarà così più facile raggiungere il successo: sarà poi molto bello condividerlo e questa esperienza potrà poi essere molto utile per il futuro dei bambini».
Marco Fabriani