È una tragedia nella tragedia, quella che racconta il figlio di G.C., 84enne di Bresso, che mercoledì è morto all’Ospedale Bassini dopo aver contratto il Covid-19. Oltre ad aver perso suo padre, ora tutta la famiglia, inclusa la madre 80enne, è chiusa in casa «mentre, visto che non abbiamo sintomi, ci viene rifiutato il tampone per capire se siamo positivi al Coronavirus. Tutto è iniziato sabato – racconta il figlio di G.C., che preferisce rimanere anonimo – il giorno dopo la chiusura del circolo Libertas a Bresso, di cui mio padre era un assiduo frequentatore. Mio padre aveva qualche linea di febbre, non troppo alta, la domenica sera non si sentiva bene e per scrupolo abbiamo chiamato il 118. Portato all’Ospedale Bassini, i medici ci hanno detto subito che aveva contratto il Covid-19, era in insufficienza respiratoria e avrebbe avuto bisogno della terapia intensiva».
Da quel momento né il figlio di G.C. né l’anziana moglie dell’uomo hanno più potuto vedere l’84enne, che però in terapia intensiva non è mai arrivato: «Nonostante i medici ci avevano comunicato che ne avesse bisogno, ci hanno però detto che il reparto di terapia intensiva era saturo, quindi la precedenza in quel momento andava a chi aveva un’aspettativa di vita maggiore. Mio padre è stato ricoverato in una stanzetta, in isolamento. Ho potuto vederlo solo per 5 minuti il martedì sera, quando siamo stati informati che c’era poco da fare». G.C., che non aveva altre patologie pregresse, è morto mercoledì. E da quel momento, per la sua famiglia, è iniziata una seconda tragedia: «quella dell’incertezza e dell’abbandono».
Il figlio (sposato e con due figli preadolescenti) e la moglie di G.C. vivono nello stesso palazzo, da dove non sono più usciti quando il padre è risultato positivo al Coronavirus: «Ci siamo messi in quarantena volontaria. Nessuna autorità competente ci ha dato indicazioni. Il problema è che, senza tampone, non sappiamo se qualcuno di noi abbia contratto il virus». Per avere il tampone, il figlio si è rivolto ad Ats. «Ma mi hanno riferito – racconta – che il protocollo non prevede che a me, alla mia famiglia e a mia madre sia fatto il tampone se non abbiamo sintomi. Siamo quindi chiusi in casa: io e mia moglie ordiniamo la spesa online e cuciniamo per mia madre, poi io le porto il cibo e glielo lascio fuori dalla porta». Nessuno sa infatti se la donna, 80 anni, abbia contratto a sua volta il Coronavirus: senza un tampone è impossibile verificarlo. «Ho dovuto dirle che mio padre era morto – racconta il figlio – a due metri di distanza, con la mascherina, i guanti di lattice e la ‘tuta protettiva’ fatta da me: un sacchetto dell’immondizia ritagliato. Per uscire da questo incubo chiediamo solo che ci siano fatti i tamponi ma, per ora, sembra assurdamente impossibile».