Sono passati due anni esatti dall’arresto di Lorenzo D’Errico, 36enne che uccise il padre Carmine con 40 martellate nella villetta di via della Libertà a Cusano Milanino e ne occultò poi il cadavere in un’area dismessa a Cerro Maggiore. A novembre 2023 l’uomo ha richiesto e ottenuto dalla Corte di Assise di Monza di avviare un percorso di giustizia riparativa; il processo è stato rinviato quindi a giugno 2024 per poter prendere in considerazione l’avvio del programma. Capiamo nello specifico in che cosa consiste questa novità della giurisprudenza italiana.
La giustizia riparativa, inserita formalmente con la riforma Cartabia del 2023, è un sistema che si affianca a quello della giustizia retributiva e può essere applicato a qualunque tipo di reato; a Milano lo schema operativo per richiedere di avviare il procedimento è stato pubblicato a ottobre 2023. La giustizia riparativa si basa sul presupposto che un crimine causi una rottura di tipo relazionale e sociale che non venga risolta con la condanna del colpevole. La giustizia retributiva valuta il crimine stabilendo una pena che ne interpreta la gravità ma che non risana mai le vittime. La novità è spostare quindi l’attenzione sulla ‘riparazione’ al danno causato, che implica da parte del colpevole una vera assunzione di responsabilità e attraverso il dialogo cerca di aiutare le vittime a superare il senso di paura e rabbia e andare oltre il desiderio di rivalsa e vendetta.
I percorsi possono avere diverse forme, spesso si tratta di un dialogo tra vittima o parenti delle vittime e colpevole affiancato da mediatori esperti. A volte le persone colpite, come è successo per i parenti di Carmine D’Errico, scelgono di non partecipare al percorso di giustizia riparativa; in quel caso il colpevole è messo in contatto con vittime ‘aspecifiche’, persone che hanno subìto lo stesso reato o simile e decidono di affrontare un percorso di mediazione. Nel caso di Lorenzo D’Errico il percorso sarà gestito dal centro italiano per la promozione della mediazione.