Fabrizio Piazza, biotecnologo farmaceutico, dottore in medicina molecolare e traslazionale e professore di Scienze Tecniche di Medicina di Laboratorio del Dipartimento di Medicina e Chirurgia all’Università di Milano-Bicocca ha vinto l’Alzheimer’s Association Research Grant (AARG), aggiudicandosi un finanziamento di 200mila dollari grazie al programma di sovvenzioni promosso dall’Alzheimer’s Association, la principale organizzazione mondiale nel campo del volontariato, della cura, del sostegno e della ricerca sull’Alzheimer, costituita nel 1980 negli Stati Uniti.
Il professore Piazza è stato l’unico scienziato in Italia ad avere ricevuto questo finanziamento competitivo nella call lanciata lo scorso autunno e promossa dall’associazione americana per supportare la ricerca scientifica nella comprensione della malattia di Alzheimer, identificare nuove strategie terapeutiche, migliorare l’assistenza alle persone affette da demenza, approfondire la conoscenza della salute del cervello e prevenire le malattie neurodegenerative. Lecchese, 44 anni, Fabrizio Piazza dirige il Laboratorio di Ricerche Traslazionali e Biomarcatori per la malattia di Alzheimer e l’Angiopatia Amiloide Cerebrale, presso il Dipartimento di Medicina e Chirurgia di Bicocca, nel polo biomedico di Monza dell’Ateneo. Il Laboratorio del professor Piazza è anche il centro coordinatore dell’iCAB International Longitudinal Cohort Registry, il più grande consorzio che riunisce i principali centri di eccellenza mondiali focalizzati sullo studio dell’angiopatia amiloide cerebrale (CAA) e delle amyloid-related imaging abnormalities (ARIA).Supportare le migliori ricerche presentate da giovani ricercatori e promuovere la loro carriera scientifica indipendente è da sempre l’obiettivo principale dell’Alzheimer’s Association e questo, per Fabrizio Piazza, è già il secondo riconoscimento da parte dell’organizzazione americana in soli 5 anni.
«Grazie a questo nuovo finanziamento dell’Alzheimer’s Association – afferma il professore dell’Università di Milano-Bicocca – potremo rafforzare ulteriormente la leadership nazionale ed internazionale dell’Università di Milano-Bicocca nel campo della medicina di precisione e della diagnostica avanzata attraverso l’uso di biomarcatori innovativi per queste malattie ancora oggi troppo poco conosciute e quindi spesso soggette ad una non corretta e tempestiva diagnosi, costringendo i pazienti a continui ‘viaggi della speranza’. Nell’ultimo decennio, abbiamo investito molto nella costituzione dell’iCAB Network, che oggi si sta rivelando una risorsa unica nel suo genere per affrontare le nuove sfide della ricerca nel campo dei biomarcatori. Le nostre recenti evidenze, pubblicate sulle più prestigiose riviste scientifiche del settore, suggeriscono che gli eventi avversi ARIA associati alla immunoterapia con anticorpi monoclonali per la malattia di Alzheimer, rappresentano la manifestazione iatrogena, cioè esacerbata dal farmaco, di fenomeni autoimmuni e infiammatori che si verificano spontaneamente nell’angiopatia amiloide cerebrale infiammatoria (CAA-ri), una rara encefalopatia autoimmune mediata da auto-anticorpi diretti verso la proteina beta Amiloide. Tale proteina ‘tossica’ è ritenuta essere alla base della malattia di Alzheimer e il principale bersaglio terapeutico dei farmaci immunoterapici (anticorpi monoclonali) in sperimentazione clinica».
Prosegue Piazza: «La nostra ipotesi è che seppur tali farmaci abbiano chiaramente dimostrato un’azione ‘disease modifying’, ossia la rimozione della proteina Amiloide dal tessuto cerebrale, se non opportunamente modulati e personalizzati nel loro dosaggio potrebbero innescare dei meccanismi potenzialmente dannosi a livello dei vasi cerebrali quali edema infiammatorio cerebrale (CAA-ri) che, se non diagnosticato e trattato tempestivamente, porta al successivo sviluppo di micro-emorragie cerebrali (CAA). Ad oggi, CAA, CAA-ri ed ARIA, vengono esclusivamente diagnosticate mediante stringenti protocolli di risonanza magnetica nucleare (MRI). Il fatto che ARIA si presenti comunque in oltre il 35 per cento dei pazienti Alzheimer trattati con immunoterapici, indica chiaramente che la MRI da sola non è sufficientemente sensibile e specifica per una diagnosi precoce di ARIA e per il monitoraggio della risposta al trattamento. Inoltre, il significato biologico e gli effetti a lungo termine delle ARIA sono ancora per lo più sconosciuti. In questo contesto, l’AARG Grant si concentrerà sulla definizione di un algoritmo diagnostico basato su biomarcatori ultrasensibili, valutati attraverso l’utilizzo di tecnologie innovative nei fluidi biologici, in associazione con i più recenti criteri clinici e radiologici per la diagnosi di CAA e CAA-ri. Nei prossimi 3 anni, il nostro progetto di ricerca, denominato ‘UNIMIB-ARIA Toolkit’ si prefigge di identificare e validare un pannello di biomarcatori in grado da una parte di restituire una diagnosi sempre più precoce ed accurata di CAA-ri e ARIA, dall’altra parte di comprendere meglio i meccanismi immunitari, infiammatori e cerebrovascolari associati agli anticorpi anti-amiloide nei pazienti con malattie neurodegenerative quali CAA e Alzheimer».