«Amarezza, delusione, rabbia, sconforto. Ormai non provo più altre emozioni. Siamo tornati indietro per l’ennesima volta, siamo con l’acqua alla gola, stiamo annegando». A parlare è Paolo (nome di fantasia), infermiere di Cinisello Balsamo, che lavora da anni in un noto centro ospedaliero milanese di riferimento per il trattamento della patologia on- coematologica. In pratica, Paolo lavora con i malati di tumore, «gli stessi pazienti ai quali, nelle ultime settimane, è capitato di dover dire: ‘Mi spiace, le interrompiamo le terapie salvavita con la chemioterapia perché ha il covid’», racconta.
Il suo sfogo è la voce di chi guarda in faccia gli effetti che la pandemia provoca sui più deboli da due anni ormai. «Non veniteci a dire che tanto è solo un raffreddore, al massimo una lieve bronchite se hai la tripla vaccinazione. Ditelo ai miei pazienti, ditelo a chi è rinchiuso in casa in un sistema di quarantena e tamponi collassato da tempo».
Il problema non è certo la vaccinazione, puntualizza Paolo, che anzi è fondamentale: «Grazie alla tripla dose, assolutamente necessaria e indispensabile, non siamo in una situazione catastrofica, infatti si vede immediatamente che i non vaccinati hanno una sintomatologia ben peggiore, che richiede terapie invasive e di alto carico assistenziale. D’altra parte però il diffondersi in modo sempre maggiore della variante Omicron sta mettendo in seria difficoltà in primis i cittadini, chiusi in quarantena con tutte le ripercussioni del caso».
A creare il caos, secondo Paolo, è anche «un sistema di tracciamento e di gestione delle Ats, regionale e nazionale che sta facendo acqua da tutte le parti e che non riesce a fermare la circolazione del virus. Per l’Oms siamo classif icati come rosso scuro e invece per il governo siamo un pallido giallo che non rappresenta la reale portata della cosa. I medici di base sovrastati dall’ondata dei nuovi contagiati non possono sopperire alle mancanze croniche di un Servizio Nazionale che deve essere necessariamente riprogrammato e rivisto con più assistenza territoriale e minor carico sugli stessi medici di famiglia».
E alla fine arrivano gli operatori sanitari, che si trovano in una situazione limite: «Ci sono sempre più infetti, sempre meno personale in servizio. Ferie bloccate, in qualche azienda ospedaliera obbligo di presenza in reparto anche se positivi ma senza sintomi. Ci siamo ritrovati senza medici perché positivi. Siamo tornati a marzo di 2 anni fa oramai e questo è inconcepibile».