«Le vittime, i 10 morti di amianto nel Teatro alla Scala, i loro familiari, i loro rappresentanti, le associazioni e comitati, costituiti parti civili, attendono finalmente una presa di posizione di vicinanza e solidarietà da parte dell’attuale presidente della Fondazione Teatro alla Scala, Giuseppe Sala, sindaco di Milano, che non può restare silente di fronte alla tragedia che ha colpito i lavoratori e gli artisti del teatro lirico più importante del nostro Paese e che continua a mietere vittime», è quanto hanno dichiarato, al termine dell’udienza del 29 gennaio al Tribunale di Milano, Fulvio Aurora, Medicina Democratica e AIEA, Associazione Italiana Esposti Amianto, Michele Michelino, Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio, Roberto d’Ambrosio, Comitato Ambiente e Salute del Teatro alla Scala, e Pierluigi Sostaro della CUB Informazione e Spettacolo.
L’udienza coinvolge il teatro meneghino che è fra i più importanti sulla scena internazionale e anche uno dei pochi di cui si è a conoscenza della strage dei lavoratori causata dall’amianto che si trovava nell’ambiente: il tutto è stato documentato con il dossier presentato un anno fa dal Comitato Ambiente e Salute del Teatro alla Scala, con la denuncia di assenza di informazioni sui rischi per la salute, la mancanza di dispositivi di protezione, condizioni di lavoro non rispettose delle norme di sicurezza, gravissimi ritardi nelle bonifiche, o realizzate solo dopo le denunce dei lavoratori.
«Sono stati messi dei paletti di verità sulle conoscenze scientifiche maggiormente condivise – ha dichiarato Laura Mara avvocata delle parti civili Medicina Democratica, AIEA e Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio – per cui sono venuti a cadere alcuni cavalli di battaglia della difesa. Un esempio fra i tanti: smontata la tesi sostenuta dall’ingegnere di parte Giuseppe Nano, secondo cui non era possibile dotare i lavoratori di maschere e respiratori contro le polveri di amianto prima degli anni ’90 del secolo scorso, in quanto non esistevano. Un falso, come dimostrano i contributi del prof. Lorenzo Tomatis, oncologo ed epidemiologo di fama internazionale, direttore dello Iarc per 12 anni, che attestano l’esistenza dei filtri Hepa fin dagli anni ’50, esistenza mai smentita da nessuno».
«Appaiono chiare – ha sottolineato Michele Michelino – le evidenti responsabilità dei dirigenti e del sovrintendente Carlo Fontana, che hanno omesso di informare i lavoratori e dare mezzi di protezione individuali, esponendoli a gravi rischi per la salute, come purtroppo è accaduto. Ma, paradossalmente, questa dimenticanza dell’ingegner Nano ed altre cruciali questioni, per quanto enunciate, nella sua arringa, dall’avvocata Laura Mara, non state ammesse negli atti processuali dal Tribunale».
«A questo punto – ha sottolineato Fulvio Aurora di Medicina Deocratica– ci aspettiamo che il Tribunale di Milano, cambi registro e finalmente apra uno squarcio sulla linea fin qui tenuta e faccia giustizia condannando i responsabili. Ci auguriamo che venga sventato il pericolo che anche questo processo per morti di amianto venga sminuito, minimizzato e si concluda con pene irrisorie, prescrizioni o peggio assoluzioni, come quello per la Breda o quello per la strage di Viareggio».