Sono trascorsi esattamente 40 anni dalla strage di Bologna, atto terroristico avvenuto il 2 agosto 1980 alle 10.25 in cui persero la vita 85 persone (forse 86) e altre 200 rimasero ferite. Secondo gli storici, si tratta del più grave attentato verificatosi in Italia nel secondo Dopoguerra, negli anni di Piombo.
E a Cinisello Balsamo, attorno alla commemorazione di questo fatto e all’individuazione dei suoi responsabili, in queste ore è sorta la polemica. Il sindaco leghista Giacomo Ghilardi ha pubblicato un post su Facebook in occasione del 40esimo anniversario dalla strage. «Quarant’anni dalla strage di Bologna, il più grave atto terroristico nell’Italia del Dopoguerra. Dopo 40 anni non ci sono ancora né mandanti né esecutori. Molte ombre e depistaggi: c’è molto da chiarire. Lo si deve alle famiglie delle 85 vittime, tra le quali alcuni bambini», ha scritto il primo cittadino sui social.
Il post non ha però trovato l’apprezzamento dell’opposizione. «Oggi, 40 anni fa, alle 10,25 una bomba insanguinava la storia italiana, creando una ferita indelebile nella nostra storia – il commento dei Verdi di Cinisello Balsamo -. Mattarella ha dichiarato: ‘Necessità di instancabile opera di difesa dei principi di libertà e democrazia‘. Il nostro presidente del consiglio: ‘Squarciare il velo che ci separa dalla verità‘. Il sindaco Ghilardi: ‘Dopo 40 anni non ci sono ancora né mandanti né esecutori’. Vorremmo ricordare che gli esecutori materiali sono stati condannati e sono ex Nar (Nuclei Armati Rivoluzionari), ovvero dei neofascisti, e che è di questi giorni l’accusa (apparsa sull’Espresso) alla P2 e a Licio Gelli in particolare di essere il mandante della strage. La magistratura sta indagando, ma saranno, ormai gli storici a raccontarci la verità. Ricordiamo qui che comunque Gelli è stato condannato per depistaggio per i fatti riguardanti la strage di Bologna. Al sindaco consigliamo vivamente un ripasso di storia contemporanea o almeno un giro su Wikipedia. Almeno per il rispetto dovuto alle vittime. Come sempre dal palazzo comunale arriva tanta superficialità, ed è così che la città viene ormai governata».
Se è vero infatti che sull’atto terroristico avvenuto alla Stazione di Bologna aleggiano ancora una serie di misteri, oggi sappiamo che secondo la magistratura la strage è riconducibile all’estrema destra. Nonostante non abbiano mai confessato, gli esecutori materiali sono stati individuati e condannati dopo un lungo iter giudiziario: Giuseppe Valerio Fioravanti, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini (condannato nel 2007 e minorenne all’epoca dei fatti) e Gilberto Cavallini (condannato con sentenza di primo grado soltanto a gennaio 2020). Un gruppo di giovanissimi terroristi che operavano sotto la sigla neofascista dei Nuclei Armati Rivoluzionari. Autori accertati e condannati dei depistaggi – a causa dei quali l’iter giudiziario subì importanti rallentamenti – furono invece Licio Gelli e Pietro Musumeci, entrambi legati alla P2, insieme al tenente colonnello Giuseppe Belmonte e all’agente segreto Francesco Pazienza.
Anche Andrea Catania, capogruppo del Pd cinisellese, si è espresso sull’argomento, commemorando la strage e ‘bacchettando’ il sindaco per quanto affermato. «Alla Stazione di Bologna l’orologio è fermo alle 10.25 – ha scritto Catania su Facebook, in risposta a Ghilardi -. Le lancette segnano l’ora e i minuti in cui, un sabato di 40 anni fa, il 2 agosto 1980, la più grave strage terroristica della nostra repubblicana uccise 85 persone e ne ferì 200. Una strage di cui, nonostante sia dovere morale dello Stato dissipare le ombre che restano, è oggi chiara la matrice neofascista, per la quale la giustizia ha individuato e condannato i responsabili materiali. Peccato che il sindaco Ghilardi, in un post dal sapore revisionista e qualunquista, che segue l’esempio di diversi esponenti della destra nazionale, taccia su tutto questo affermando in modo vergognoso che dopo 40 anni non ci sono ancora né mandanti né esecutori. Signor sindaco, le basterebbe leggere Wikipedia se non ha tempo di approfondire per evitare di scrivere certe frasi che offendono la memoria delle vittime e delle loro famiglie. Quanta disonestà intellettuale».