Normalmente un cuore fuori dal corpo può ‘durare’ fino a un massimo di 4 ore. Ma all’ospedale Niguarda di Milano oggi è stato eseguito un trapianto cardiaco mantendendo l’organo battente e vitale per 6 ore fuori dal corpo, salvando così la vita a un paziente 45enne.
Era necessario allungare la permanenza del cuore fuori dal corpo per analizzare un nodulo sospetto per tumore nel polmone del donatore: un esito positivo avrebbe compromesso la donazione e la durata delle analisi era incompatibile con la consueta permanenza di 4 ore.
L’allungamento alle 6 ore ha permesso infatti al laboratorio dell’Anatomia Patologica di completare tutta una serie di analisi necessarie e impreviste per cui si è ottenuto il via libera all’utilizzo dell’organo. Per conservare l’organo durante le sei ore è stato utilizzato un macchinario speciale dedicato al trasporto del cuore, disponibile solo in 3 centri in Italia.
L’intervento è stato realizzato su paziente di 45 anni, colpito da una cardiomiopatia molto grave, da tempo ricoverato in terapia intensiva.
«Questo ‘bonus’ di 2 ore in più ci ha permesso di utilizzare l’organo resosi disponibile presso l’ospedale di Varese. Al momento del prelievo, infatti, ci si è accorti della presenza di un nodulo sospetto per tumore nel polmone del donatore – spiega Claudio Russo, direttore della Cardiochirurgia -. Il che se confermato, avrebbe impedito il trapianto. Purtroppo i tempi necessari per l’analisi di questo nodulo sarebbero stati incompatibili con la possibilità di preservare la funzionalità del cuore se prelevato con le normali procedure di protezione cardiaca. Ma grazie al macchinario portatile, che funziona con un sistema di circolazione extracorporea, abbiamo potuto procedere in sicurezza con le verifiche di laboratorio. Gli esiti fortunatamente hanno escluso la presenza di tumore e questo ci ha permesso di trapiantare con successo il cuore».
Normalmente la conservazione dell’organo al momento del prelievo da donatore si ottiene mediante l’infusione di una soluzione a bassa temperatura, a 4 C°, in grado di arrestare il cuore che successivamente viene immerso, non battente, in una soluzione ghiacciata. Con questa tecnica il danno da ischemia (mancata ossigenazione) viene notevolmente ridotto, ma non fermato del tutto. Tuttavia questa modalità di trasporto è efficace per un tempo limite di circa 4 ore. Superato questo intervallo l’organo si deteriora e perde la sua funzionalità.
«Con il macchinario a perfusione portatile, invece questo limite può essere tranquillamente superato. Addirittura in un caso ci ha permesso di mantenere il cuore vitale e battente per 7 ore e 20 minuti, si tratta di una delle permanenze fuori dal torace più alte mai registrate nel panorama mondiale», sottolinea Russo.
Con la pompa portatile di perfusione il cuore prelevato viene alloggiato, in maniera sterile, sotto un teca di plexiglass protettiva dove torna a battere grazie alla perfusione continua con il sangue del donatore, ossigenato e riscaldato a 34° C dal sistema stesso. «I parametri fisiologici vengono monitorati dall’equipe in modo continuo attraverso una consolle portatile, collegata con tecnologia wireless – spiega Russo-. In questo modo, i chirurghi e i perfusionisti che seguono il trasporto nel macchinario possono osservare l’andamento ed intervenire con modifica dei parametri, tra i quali il flusso e la pressione del sangue all’interno del cuore».
L’emergenza Covid19 non ha fermato i trapianti a Niguarda. «Sono 7 i trapianti di cuore realizzati a Niguarda dall’inizio del 2020, di cui 4 nei mesi di picco della pandemia – indica lo specialista-. Non è stato facile, perché questi pazienti hanno bisogno di assistenza nelle terapie intensive dopo l’intervento, ma siamo comunque riusciti a portare avanti l’attività».