Lombardia, nuovo processo per il sequestro di Cristina Mazzotti

Cristina Mazzotti, figlia di un imprenditore milanese, fu rapita a Eupilio nel 1975 e morì 28 giorni dopo. A settembre di quest’anno si è aperto un nuovo processo per i mandanti e gli esecutori del rapimento: tra gli imputati figurano Giuseppe Morabito, boss della ‘Ndrangheta, e Demetrio Latella, Giuseppe Calabrò e Antonio Talia, tutti residenti in Lombardia. Il primo processo, concluso nel 1977, portò a tredici condanne, di cui otto ergastoli per custodi, centralinisti, ricattatori e complici del sequestro. Ma oggi nuove prove hanno riaperto il caso.

Il rapimento e la detenzione
Cristina Mazzotti venne rapita mentre rientrava da una festa a Milano, in auto con due amici, e fu portata in una cascina di Castelletto Sopra Ticino, nel novarese. Venne rinchiusa in una botola all’interno di un garage, uno spazio angusto: alto un metro e mezzo, largo altrettanto e lungo poco più di due metri, dove l’aria filtrava da un tubo di appena 5 centimetri di diametro. I sequestratori la tennero sedata, alternando farmaci eccitanti e calmanti. In queste condizioni, Mazzotti perse la vita dopo meno di un mese.

Il riscatto e le indagini
Nel frattempo, la famiglia Mazzotti cercava disperatamente di raccogliere la somma richiesta dai rapitori, pari a 5 miliardi di lire, una cifra significativa per l’epoca. Il padre di Mazzotti riuscì a pagare 1 miliardo di lire, ma purtroppo la giovane era già deceduta. Proprio grazie ai movimenti di denaro, la polizia riuscì a risalire agli organizzatori e agli esecutori materiali del sequestro.

Nuovi sviluppi
Nel 2007, un’impronta trovata sull’auto da cui Mazzotti era stata prelevata collegò Demetrio Latella alla scena del rapimento. Latella fece i nomi di Talia e Calabrò, e successivamente venne coinvolto anche Morabito. Tuttavia, all’epoca, il pubblico ministero decise di non riaprire il caso, poiché il reato di sequestro di persona era caduto in prescrizione. Nel 2021, però, l’avvocato Fabio Repici ha segnalato che, per l’omicidio volontario, non esiste prescrizione. Questa argomentazione ha convinto il giudice dell’udienza preliminare di Milano, che ha autorizzato l’avvio del nuovo processo, iniziato a settembre.