A settembre 2017, a Nova Milanese, Mattia Del Zotto ha avvelenato con il tallio la sua famiglia uccidendo i nonni e la zia.
Un gesto rimasto senza spiegazione, frutto di un disagio psichico mai affrontato: «Li ho uccisi io ma non dirò mai perché l’ho fatto», ha dichiarato il 27enne durante l’arresto avvenuto a distanza di 2 mesi dagli avvelenamenti. Mattia Del Zotto vive con i genitori, i nonni e le zie a Nova Milanese, in una villetta quadrifamiliare in via Fiume. Dopo aver ordinato via mail il tallio da un’azienda di Padova usando un account fittizio, lo distribuisce nel caffè, nell’acqua e nelle tisane in casa dei nonni. Si tratta di un veleno inodore, insapore, neurotossico e a lento rilascio. Provoca nausea, vomito, febbre; quando tra i sintomi comincia a comparire l’alopecia è ormai troppo tardi.
I primi ad ammalarsi sono la zia Patrizia Del Zotto, 62 anni, il nonno Giovanni Basttista, 94, e la nonna Gioia Maria Pittana, 91 anni. Poi Enrico Ronchi, 64 anni, marito di Patrizia, e la badante dei nonni Serafina Pogliani. All’ospedale di Desio nessuno riesce a capire cosa stia uccidendo le vittime: Patrizia e Giovanni Battista Del Zotto muoiono il 2 ottobre. Poco dopo muore anche Gioia Maria Pittana. Cominciano a diffondersi ipotesi più o meno fantasiose su dove possano aver assunto il veleno: chi parla di patate tossiche, chi di guano di piccione depositato su davanzali e grondaie. Fino a che, all’ospedale di Desio, arrivano anche Alessio Palma e Maria Lina Pedon; anche loro presentano i sintomi dell’avvelenamento da tallio. I due coniugi di Nova Milanese sono i nonni materni di Mattia Del Zotto.
Questo permette di trovare nel ragazzo l’unico legame tra gli 8 avvelenamenti. Il 7 dicembre i carabinieri arrivano alla palazzina di via Fiume e arrestano Mattia Del Zotto che non prova a opporre resistenza ma ammette di essere stato lui ad avvelenare la sua famiglia. L’unica spiegazione che darà il ragazzo per averli avvelenati sarà: «Erano impuri». Mattia Del Zotto, schivo, solitario e introverso, da tempo passa le sue giornate in camera trovando soddisfazione nel ridurre al minimo i suoi bisogni, compresa elettricità e acqua calda. Nonostante il tentativo di aiuto dei genitori, il 27enne ha sempre rifiutato di andare da uno psicologo, vivendo in modo ascetico, votato alla rinuncia dei beni materiali e degli affetti.
Forse da qui l’idea di avvelenare la famiglia, tutti tranne i suoi genitori. Mattia Del Zotto verrà riconosciuto incapace di intendere e volere e verrà condannato a passare 10 anni in una residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza. Nel 2021 la Cassazione conferma la sentenza. Nelle motivazioni si legge: «Il delirio che muoveva l’agire di Mattia Del Zotto era talmente compulsivo e non governabile da escludere comunque la capacità di volere, avendo le sue farneticazioni interamente assorbito e annullato ogni capacità di analisi ed autocritica».