Vivono a Sant’Anna i coniugi Donegani, in provincia di Brescia, in una villetta bifamiliare. È il 2005, Aldo, 77 anni, e Luisa De Leo, 61 anni, pensionati, trascorrono una vita energica, fatta di viaggi, passeggiate, serate all’aperto con amici.
Non hanno figli ma hanno due nipoti e sopra all’appartamento dei Donegani vive uno di loro, Guglielmo Gatti. Gatti ha perso la mamma, sorella di Aldo Donegani, nel 2003, e da poco ha perso anche il padre. Ha 41 anni, studente fuoricorso di ingegneria, taciturno, studia il giapponese. Non ha una compagna né figli. Tra le due famiglie, che hanno sempre vissuto una il piano sopra l’altra, non ci sono mai stati grandi rapporti, ma da quando è morto il padre di Guglielmo Gatti, gli zii lo invitano a mangiare da loro almeno una volta la settimana, senza successo. Mentre al piano di sotto regna allegria e socialità, nella parte superiore della casa domina il silenzio e la solitudine.
Un venerdì di fine luglio nel 2005 la coppia di coniugi esce per fare la spesa; è l’ultima volta che vengono visti. Luciano De Leo, nipote dei Donegani e carabiniere in servizio a Castelfidardo, il primo agosto arriva a casa loro. Non trovando gli zii, con cui aveva appuntamento per trascorrere qualche giorno insieme, si preoccupa e decide di chiamare i vigili del fuoco per aprire la casa mentre Guglielmo Gatti lo invita prima ad aspettare; quel pomeriggio Gatti scompare per qualche ora lasciando un cartello sulla porta ‘Torno alle 17’.
Luciano De Leo entra in casa dove non c’è nessuna traccia dei coniugi Donegani. Non c’è nemmeno la spesa che avrebbero fatto per la visita di Luciano. Nel garage, dove c’è l’auto e le bici, un forte odore di ammoniaca e candeggina. Cominciano le ricerche, Guglielmo Gatti viene interrogato più volte ma nulla emerge; gli inquirenti decidono allora di investigare nella casa, a partire proprio dal garage. Usando il luminol scoprono che il box, ripulito perfettamente, nasconde tracce abbondanti di sangue, tanto da definirlo durante le indagini il ‘mattatoio’.
La vera svolta avviene a 18 giorni dalla scomparsa, quando un 14enne, riconosce in Guglielmo Gatti l’uomo che in Val Camonica tagliò la strada al padre il pomeriggio del primo agosto, proprio nel lasso di tempo in cui Gatti si era allontanato dalla villetta. Ora la polizia sa dove cercare: da lì a poco verranno ritrovati 10 sacchi scaraventati nella val Paisco; all’interno due cadaveri fatte a pezzi, privi della testa. Le cesoie, probabilmente arma del depezzamento, sono buttate pochi metri più in là. Guglielmo Gatti viene accusato di duplice omicidio premeditato, vilipendio e occultamento di cadavere.
Gatti si dichiara innocente ma le prove a suo carico portano alla condanna all’ergastolo con 3 anni di isolamento. L’accusa ricostruisce i fatti: tra il 30 e il 31 luglio 2005 Guglielmo Gatti avrebbe avvelenato gli zii e, mentre erano ancora in stato di incoscienza, li avrebbe fatti a pezzi privandoli delle teste, ritrovate mesi dopo da un cercatore di funghi. Le ragioni del suo gesto non furono mai chiarite: la corte, nelle motivazioni della sentenza, ipotizza che Gatti abbia sfogato contro gli zii l’invidia e il rancore serbato per anni. La cosiddetta villetta degli orrori fu venduta all’asta nel 2017.