Niente finale di Champions a San Siro: il futuro dello stadio ancora incerto

Il futuro dello stadio di San Siro resta ancora nascosto sotto un gigantesco punto di domanda. Mentre Inter, Milan e Comune di Milano continuano il loro braccio di ferro a suon di progetti scartati, vincoli e decisioni rimandate, la soluzione definitiva sembra essere più lontana che mai.

Nel frattempo, però, Milano ha ufficialmente perso l’assegnazione della finale di Champions League del 2027, assegnata nei mesi scorsi dalla Uefa con la condizionale. «Il Comune di Milano non poteva garantire che lo stadio e le aree circostanti non sarebbero stati interessati da lavori di ristrutturazione», si legge però in una nota pubblicata il 25 settembre proprio dalla Uefa, che di fatto esercita quella condizionale che nega l’atto conclusivo della massima competizione calcistica europea. Mentre la Figc è già al lavoro per candidare a questo punto lo stadio Olimpico di Roma, a Milano si susseguono nuove dichiarazioni su quello che attende ora San Siro.

«Sono stato io stesso a interloquire con la Uefa, perché se chiede la garanzia che non ci siano lavori a San Siro come faccio a darli? – ha dichiarato il sindaco di Milano Giuseppe Sala -. Pragmaticamente non si poteva fare diversamente. A meno che qualcuno si prenda la responsabilità di dire che è impossibile che là ci siano lavori. Ma questo negherebbe il percorso che stiamo facendo con Inter e Milan. Dopodiché tutto dipenderà dal percorso che stiamo facendo con le squadre e su questo ci stiamo lavorando».

Se è giusto dopo anni e anni di discorsi continuare a definirlo ‘percorso’ lo dirà il tempo. Nel frattempo si attende la prossima puntata di quella che, più che altro, sembra essere diventata una vera e propria telenovela con tre protagonisti. Secondo quanto riferito dall’Ansa, però, il sindaco ha spiegato che se Inter e Milan intendono costruire i loro stadi, il Comune non prolungherà il contratto d’affitto che scade a giugno 2030. «Devono essere sicuri di averli pronti per quella data perché noi non possiamo rimanere con il cerino in mano, ma dobbiamo cercare di vendere San Siro ai grandi promoter dei concerti. Anche perché altrimenti potremmo creare un danno ad un bene della comunità, se invece lo vogliono ristrutturate siamo tutti felici». Quanto meno, quindi, c’è una data di scadenza a questa vicenda: il 2030, con in mezzo un’Olimpiade che, ci si augura, non si debba vivere con l’incertezza che sia l’ultimo grande evento ospitato da San Siro.