«Riccardo è provato e pentito» ha dichiarato don Claudio Burgio, il cappellano del carcere Beccaria di Milano dove è in custodia il 17enne autore della strage di Paderno Dugnano.
Il ragazzo, che ha confessato di aver ucciso madre madre e fratello di 12 anni, ha già incontrato diverse volte don Claudio Burgio: «Ci tiene a comunicare che non ce l’aveva con i genitori né con il fratello, quello che ha fatto lo addebita a sé; in questo momento sta vivendo una situazione nuova e chiede aiuto. È desideroso di incontrare i nonni e molto grato per la loro presenza», prosegue il cappellano del Beccaria.
Uno dei prossimi passi sarà individuare quale istituto possa essere più adatto a Riccardo: «Il Beccaria non sembra il luogo migliore viste le attuali condizioni; sarà il magistrato a definire se per Riccardo sia meglio essere spostato in un altro carcere o in una comunità».
Don Claudio Burgio ha un’esperienza ventennale nel carcere minorile: «Le spiegazioni psicologiche o sociologiche sono difficili ora, si tratta di un gesto che è arduo comprendere. Quello che ho potuto constatare con la mia esperienza è che a volte il malessere giovanile può prendere il sopravvento e la difficoltà a esprimersi esplode in gesti estremi».
Sono state azzardate molte ipotesi su come la società possa aver giocato una responsabilità nella strage di Paderno Dugnano e Don Burgio si sofferma sulla mancanza di coordinate che aiutino i ragazzi a superare l’adolescenza: «Prima esistevano istituti, religiosi o civili, che potevano fornire ai ragazzi indicazioni su come affrontare il malessere giovanile, quello che io chiamo ‘vuoto identitario’, un disagio che scaturisce dal non riuscire a sentire un senso di appartenenza; in questo modo il malessere avanza e può sfociare in atti estremi. Riccardo ha parlato di un senso di estraneità che forse andrebbe indagato».
«È importante ricordare che il caso di Riccardo è un episodio isolato – conclude Don Burgio -; casi come questi esistono, ma non sono all’ordine del giorno. L’ultimo episodio simile al Beccaria risale a Erika e Omar, 20 anni fa».