L’intitolazione dell’aeroporto di Malpensa a Silvio Berlusconi continua ad alimentare la discussione. Nei giorni scorsi il sindaco di Milano Giuseppe Sala aveva commentato l’iniziativa come un ‘atto politico’. I
eri anche Pier Silvio Berlusconi ha parlato dell’intitolazione, durante la serata di presentazione dei palinsesti di Mediaset, di cui è amministratore delegato. Pier Silvio Berlusconi ha criticato la gestione dell’intitolazione: «Le modalità non penso siano state perfette, nei tempi e nei modi – ha dichiarato Berlusconi -. È evidente che si sarebbero accese delle polemiche. Tutto ciò che viene intitolato in onore di nostro padre a noi fa piacere, questo è sicuro. Poi le polemiche personalmente mi hanno infastidito, devo dire che lasciano anche il tempo che trovano».
Berlusconi ha anche commentato l’appello di Sala ai figli di Silvio Berlusconi e in particolare alla sorella di Pier Silvio, Marina: «Sala scrive a mia sorella sui social, a lui dico “di’ se sei favorevole o no”. Non rompere. Puoi anche dire che sei contro per mille motivi ma non fare polemica sulla polemica: pensasse a Milano. Chi si rivolge a mia sorella mi fa veramente ridere. Io vivo in Liguria ma tutte le volte che ci vado dico che Milano è un disastro, traffico, delinquenza, buche», ha concluso.
Stamattina la replica sui social di Giuseppe Sala che riepiloga la vicenda relativa a Malpensa in 4 punti: «1. La famiglia non ne sapeva nulla. 2. Il Ministro di riferimento più o meno pure. 3. L’ente gestore dell’aeroporto, cioè Sea, non è stato coinvolto. 4. Così pure i Comuni del territorio, che si sono dichiarati pronti al ricorso». Aggiunge poi il sindaco di Milano «Quindi la responsabilità dell’atto sembrerebbe da attribuirsi a un solerte funzionario pubblico – il presidente di Enac – che, anziché sentirsi servitore delle istituzioni, pare essersi messo al servizio della politica. C’è una bella differenza.Ma nel merito, lo ripeto, intitolare un aeroporto così importante come Malpensa a Berlusconi, il cui nome, tra l’altro, campeggia ancora nel simbolo di un partito, è un atto profondamente politico e profondamente sbagliato».