È stato presentato il report annuale dell’Osservatorio del mercato del lavoro della Città metropolitana di Milano: i dati, che fanno riferimento al periodo che va da gennaio 2022 al primo semestre del 2023, rilevano una stabilizzazione del mercato. Il lavoro di analisi è stato reso possibile grazie alla convenzione del febbraio 2023 tra la Città metropolitana di Milano, le province lombarde e Regione Lombardia.
Il report mette in luce, a partire dalla seconda metà del 2022, un rallentamento di avviamenti al lavoro, cessazioni di contratto, proroghe e le trasformazioni a tempo indeterminato: segnali che vengono interpretati come una normalizzazione del mercato dopo gli scompensi della pandemia. Nonostante nel primo semestre 2023 si registri un -1,5 per cento per quanto riguarda gli avviamenti al lavoro, e -0,9 per cento nelle cessazioni, si assiste a un aumento generale delle posizioni lavorative che salgono a 51.420 nel 2022 e a 48.615 nel primo semestre del 2023. L’occupazione sarebbe quindi in crescita e un importante traino è rappresentato dai contratti a tempo indeterminato che comprendono le stabilizzazioni di contratti a termine e apprendistato. Istat in effetti conferma il dato stimando, nel secondo trimestre 2023, un’avanzata pari al +1,7 per cento del numero di occupati (+3,0 per cento se si considera la componete a tempo indeterminato). Anche i dati Inps confermano la tendenza registrando un +2,2 per cento nel primo semestre del 2023 rispetto allo stesso periodo del 2022.
Il report è stato presentato al tavolo metropolitano per i servizi all’impiego e le politiche attive del lavoro, presieduto da Diana De Marchi, consigliera delegata alle Politiche del lavoro di Milano. Oltre all’occupazione l’altro tema caldo affrontato riguarda la diffusione dei contratti collettivi nazionali non siglati dai sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil. Quello che emerge è che, considerate 1.179 tipologie di contratto depositate al Cnel (Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro), 229 risultano sottoscritti da Cgil Cisl e Uil, 950 da sindacati non confederali, mentre sono 824 quelli firmati da almeno una organizzazione datoriale o sindacale rappresentata al Cnel. Quello che si può riscontare è la grande frammentazione ed eterogeneità degli attori, sia datoriali sia sindacali, coinvolti nella sottoscrizione dei contratti. «Il tema dell’impiego dei Ccnl è strettamente legato al dibattito nazionale riguardo all’introduzione, per legge, di una paga minima oraria – spiega Diana De Marchi – La diffusione dei contratti collettivi nazionali è un importante indicatore dello stato di salute dell’economia locale. I dati presentati dal rapporto sono incoraggianti. La maggior parte delle aziende con sede nel territorio metropolitano applica i contratti collettivi nazionali siglati dai sindacati confederali. Questo dimostra che le imprese milanesi riconoscono come un valore la salvaguardia delle condizioni di lavoro dei propri dipendenti, anche a fronte dell’opportunità di facili risparmi sul fronte salariale».