‘Quando la luna della foresta, dipinge il fiume e la montagna’, così cantava nel lontano 1973 Antonello Venditti, la canzone ‘L’orso bruno’. Dopo la morte del runner, ucciso nei boschi di Caldes in Val di Sole in Trentino, si è tornati a parlare della pericolosità di questi animali. Stringendoci al dolore della famiglia del giovane 26enne che ha perso la vita – questo non doveva accadere – una riflessione va tuttavia fatta. Evidentemente, in passato, quando l’uomo lasciava nelle montagne questi mammiferi, non si è tenuto conto di quello che poteva accadere, di comesi sarebbero riprodotti, potendo poi avere libero accesso in aree frequentate da noi umani.
Esemplari belli, ma nongli orsacchiotti di pelucheche ci hanno accompagnato da bambini e che abbiamo abbracciato nei letti prima di addormentarci. Una situazione più o meno simile a quella dei cinghiali che troviamo nelle città, e adesso anche a quella dei lupi. Insomma si doveva vigilare di più e fare più attenzione. Evidentemente, qualcosa non ha funzionato, forse anche per mancanza di personale e fondi.
Ora, la strada giusta a mio avviso non è quella di uccidere l’orsa o altri animali più o meno aggressivi, ma di metterli in sicurezza.
Il Termometro Nazionale, l’editoriale del Gazzettino Metropolitano, è a cura del direttore Marco Fabriani