Sempre più spesso si parla di Comunità energetica, una necessità nata dall’esigenza di contrastare in qualche modo il profondo rincaro dell’energia elettrica, e di rimanere in linea con gli standard richiesti dall’Agenda 2030 dello sviluppo sostenibile. Ma cosa si intende? Immaginiamo un insieme di cittadini, di attività commerciali, industriali, artigianali, di piccole e medie imprese, di associazioni, enti religiosi, enti locali, di cooperative che si uniscono con l’obiettivo di produrre e di condividere energia elettrica a impatto zero e prodotta attraverso impianti di energia rinnovabile: fotovoltaico, eolico, idroelettrico e biomasse. Una possibilità concreta per ridurre il costo delle bollette e diminuire l’impatto ambientale sui consumi sia domestici sia aziendali.
Dopo tanto lavoro, il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, ha inviato in Commissione Europea una proposta di decreto legge che sostiene e incentiva le forme di autoproduzione e autoconsumo di energia ricavata da fonti rinnovabili, modello meglio conosciuto come Comunità energetica. Non appena riuscirà ad ottenere il via libera dalla Commissione, entrerà in vigore in Italia.
Tanti sarebbero i vantaggi per la Comunità, produzione, consumo e condivisione a km 0 di energia pulita, un modo per effettuare una reale transizione energetica mettendo al centro il cittadino stimolato a partecipare attivamente al programma e gratificando le aziende che oltre al risparmio energetico in bolletta, contribuiranno alla riduzione dell’inquinamento e delle emissioni.
Se questo sistema fosse adottato, si otterrebbe una maggiore sicurezza e si consoliderebbe la strada verso una indipendenza energetica dell’Italia. Chi desidererà associarsi in una Comunità energetica, potrà ottenere una tariffa che agevola sulla quota di energia condivisa da impianti a fonti rinnovabili. Secondo Ansa si parla di 5 gigawatt finanziabili con un limite di tempo che termina nel 2027. Le Comunità realizzate nei Comuni sotto i 5.000 abitanti potranno anche usufruire di finanziamenti a fondo perduto che copriranno fino al 40% dell’investimento totale. Sarà il GSE (Gestore servizi energetici) a verificare la fattibilità dei progetti presentati.