«Ho voluto portarti a fare questo pellegrinaggio in cimitero perché è giusto che tutto inizi da qui, è qui che si accentra tutta la vicenda. Il fulcro è lui. È Fabio». Mi accoglie con queste parole Michele Tollis, padre di Fabio Tollis che fu – nel 1998 – la prima vittima delle Bestie di Satana. Così, proprio dal cimitero di Cologno Monzese comincia il nostro racconto, in occasione dei 25 anni da quegli omicidi. Quando parla di suo figlio, emerge subito il ritratto di una persona altruista e piena di energia positiva. Mi mostra le sue foto, quelle di un ragazzone innamorato della musica, che sorride impacciato dietro alle torte di compleanno e che stringe tra le braccia il suo gatto. «Non li potevi separare mai», sottolinea Michele Tollis.
Bestie di Satana era il nome che il gruppo di amici aveva scelto di auto assegnarsi, facendo sfoggio di croci rovesciate e pentacoli, organizzando fantomatiche sedute spiritiche e dicendo di ispirarsi al satanismo acido, basato sul consumo smisurato di droghe. Il gruppo fu poi condannato per 4 omicidi accertati, compiuti sul territorio di Varese, e fu sospettato di altri 18.
Il primo omicidio fu quello di Fabio Tollis, 16enne di Cologno Monzese, e di Chiara Marino, 19enne di Corsico. Ma quando i due amici scomparvero, nel gennaio del 1998, il caso fu archiviato come fuga volontaria. Fu il padre di Fabio, Michele Tollis (oggi 75 anni), a impuntarsi per far emergere la verità. «Mi sono convinto che gli ‘amici’ di Fabio, i componenti di quella setta, centrassero qualcosa – spiega Michele Tollis – Anche se in una prima fase partecipavano attivamente alle ricerche, mi stavano vicino, mi rassicuravano. Ho cominciato a indagare su di loro, a segnarmi prove, indizi. Ho partecipato a 84 concerti metal girando mezza Europa e ogni sera cercavo tracce di Fabio nei pub dark e metal tra Milano e Varese, che Fabio e gli altri amici frequentavano abitualmente». Fabio Tollis, grande appassionato di musica heavy metal, aveva anche fondato la sua band, gli Infliction. E suo padre lo ha sempre seguito e applaudito ai concerti, caricandosi gli strumenti in macchina e fermandosi ad ascoltarlo.
Tutto questo, le ricerche continue e le indagini fatte in prima persona, andarono avanti per sei anni fino al ritrovamento, nel 2004, del corpo di Mariangela Pezzotta: fu subito chiaro che nel caso fosse implicato lo stesso gruppo di giovani. «A quel punto mi sono presentato agli inquirenti con le prove che avevo raccolto e ho collaborato con loro per far riaprire il caso di Fabio e Chiara», ricorda Tollis. Le indagini sono proseguite da gennaio a maggio del 2004 quando, dopo la confessione di Andrea Volpe, i corpi di Fabio Tollis e Chiara Marino furono purtroppo ritrovati, in una fossa profonda due metri.
A essere arrestati per quegli omicidi (oltre che per quello di Mariangela Pezzotta e per il suicidio indotto di Andrea Bontade) furono gli otto componenti della setta. Dopo aver scontato tra i 16 e i 23 anni di carcere, gli autori dei cirmini sono ormai usciti, tranne Nicola Sapone e Paolo Leoni a cui sono andati due e un ergastolo. Ma Michele Tollis ritiene comunque che la giustizia abbia fatto il giusto corso. Anche – e soprattutto – grazie al suo lavoro. Per l’impegno portato avanti con lucidità, tenacia a razionalità, Tollis ottenne anche una medaglia d’oro dalla Provincia di Milano. «Eravamo una famiglia seria e per bene, ci hanno tolto tutto. Ma per ritrovare Fabio ho fatto tutto e anche di più, e ne sono venuto a capo».