L’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, dispone: «Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza». L’articolo 14 precisa: «Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione deve essere assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore, la religione, la lingua, le opinioni politiche o quelle di altro genere, l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita od ogni altra condizione».
Nonostante sia ben espresso negli articoli riportati, il concetto di parità di genere, solamente oggi, è stata vinta una grande battaglia che salvaguarda l’identità di un figlio dalle discriminazioni e che elimina la disparità di trattamento nell’esercizio di un diritto fondamentale all’interno del nucleo familiare. Il risultato raggiunto contribuisce a scardinare definitivamente una cultura palesemente patriarcale e comporta un allineamento verso i principi che dovrebbero prevalere nelle società democratiche e come riporta l’Ansa, per usare le parole della Ministra della Giustizia Marta Cartabia: «…è stato fatto un altro passo in avanti verso l’effettiva uguaglianza di genere, nell’ambito della famiglia».
L’ufficio comunicazione e stampa della Corte Costituzionale, in attesa del deposito della sentenza, che avverrà nelle prossime settimane, ha pubblicato il comunicato stampa sul sito istituzionale annunciando che sono state dichiarate illegittime le norme che contrastano con gli articoli 2, 3 e 117, primo comma della Costituzione in relazione agli articoli 8 e 14 della Cedu, in quanto una norma impedisce ai genitori, di comune accordo, di dare al figlio il solo cognome della madre, ed una seconda in assenza di accordo tra i genitori, obbliga all’utilizzo del solo cognome paterno. In sostanza, è ufficiale l’illegittimità costituzionale per tutte le norme che dispongono l’attribuzione meccanica del cognome del padre ai figli nati dal matrimonio, fuori dal matrimonio e adottati.
Le regole che hanno fatto la storia vengono modificate, permettendo di attribuire ad un figlio il cognome di entrambi i genitori, nell’ordine concordato dagli stessi, salvo che decidano, di comune accordo di attribuire il cognome di uno solo dei genitori. In assenza di accordo sull’ordine di attribuzione del cognome di entrambi i genitori, secondo quanto dispone l’ordinamento giuridico, sarà il giudice ad intervenire.
Flavia Pruner