Il sottosegretario di Regione Lombardia Marco Alparone racconta le opportunità che la Città della Salute può offrire a Sesto San Giovanni e a tutto il Nordmilano, definito come «Il laboratorio più importante d’Europa»
La realizzazione della Città della Salute è un’opportunità per Sesto e per l’intero Nordmilano: come si può sfruttare al meglio?
«Il punto di partenza è la storia del territorio: una storia di innovazione produttiva che oggi si basa, con la rigenerazione delle aree Falck, su ricerca, formazione e innovazione. Aggiungo anche un termine legato alla salute: il benessere. La salute, lo abbiamo scoperto con la pandemia, non è solo la risposta ospedaliera, ma è anche la capacità di generare sul territorio benessere per i cittadini. Oggi abbiamo le risorse per costruire attorno alla Città della salute una relazione di territorio che permetta al cittadino di avere di nuovo una prossimità dove la salute è centrale».
Possiamo definirlo un modello orizzontale e al tempo stesso di eccellenza?
«Un modello orizzontale in cui le Case di Comunità e gli Ospedali di Comunità diventano degli spazi di prossimità. Il Pnrr ci sta dando l’opportunità di investire sulla sanità e sulla scuola: questo vuol dire rigenerare per creare qualità della vita. Bisogna, dunque, riportare al centro chi lavora nella medicina territoriale, chi può intercettare i bisogni dei cittadini e metterli in luce. La formazione dà l’opportunità che tutto questo diventi realtà. Se non c’è formazione non ci può essere rigenerazione. I nostri giovani sono il meglio che possiamo offrire, sono i veri incubatori dell’innovazione di domani, ma prima di tutto vanno accompagnati nella formazione».
Come si inserisce il Nordmilano in questo contesto di rigenerazione e innovazione?
«Il Nordmilano si trova in un territorio molto ampio in cui ci sono due hub di rigenerazione sociale prima che urbana: l’ex area Expo Fiera e l’ex area Falck. Queste due aree devono diventare contaminazione di un territorio, non attraversamento. Il primo ha una mission di carattere scientifico, l’altro è improntato sulla ricerca e la formazione nel mondo sanitario. Questi due mondi si contaminano attraverso la capacità di generare sviluppo in maniera trasversale. Il grande sforzo che sta facendo la Comunità Europea, l’Italia e Regione Lombardia è quello di far nascere degli hub che siano generatori di altri hub. La sfida del Nordmilano si basa sulla capacità dei Comuni di dare una risposta corale».
Che modello urbanistico va pensato per ottimizzare questo lavoro?
«L’urbanistica deve progettare una mobilità sia fisica che digitale. Intorno a queste aree, inoltre, bisogna rilanciare dei progetti di rigenerazione urbana di primo, secondo, terzo e quarto livello, come abbiamo già fatto con la programmazione del Fondo Sociale Europeo e del Fondo europeo di sviluppo regionale. La mobilità ‘Milano-centrica’ risponde a un vecchio modello, quello del pendolarismo. L’area metropolitana deve avere una progettualità di insieme e la capacità di costruire aree policentriche».
Quali sono i compiti della programmazione politica?
«Sesto San Giovanni e Rho sono i due incubatori di possibilità che coinvolgono tutti gli attori in campo tra questi due territori. Io mi occupo della programmazione per Regione Lombardia. Il quadro finanziario pluriennale 2021-27 occupa 3,5 miliardi rispetto ai 2 del quadro precedente: vuol dire uno sforzo per regione Lombardia che è quasi il doppio. Sesto San Giovanni e il Nordmilano hanno l’opportunità di essere protagonisti non solo in Lombardia o in Italia, ma possono essere il laboratorio più importante all’interno dell’Europa e del mondo. Per questo motivo, a partire dalla filiera corta del valore, dobbiamo saper dialogare e programmare in maniera correlata».