Un’organizzazione fatta di persone che si sono rese disponibili a dare una mano, ognuno nel suo piccolo e per quello che può. «I social ci hanno agevolato il lavoro e si sono rivelati molto preziosi: siamo riusciti ad avere un grande supporto dalla comunità italiana, con tantissime persone che si sono offerte di aiutare e ci hanno inviato qualsiasi genere di bene da spedire al confine», queste le parole di Bogdan, un ragazzo di origine ucraina che vive in Italia da quando ha 9 anni.
C’è chi imbraccia un fucile e combatte per liberare il proprio Paese nel mezzo di una turbolenta guerra che sta destabilizzando il mondo intero. Il teatro dello scontro è una nazione dilaniata, in cui donne, bambini e anziani scappano, mentre gli uomini restano per difendere strenuamente la propria terra dall’incedere delle bombe e dei carri armati.
C’è chi, invece, è a migliaia di chilometri di distanza e non ha un fucile in mano, vive in Italia da anni e vede le immagini della propria nazione distrutta, i racconti di amici e parenti schiacciati da una guerra che di fatto nessuno, o quasi, vuole. Si sente inerme, ma al tempo stesso è deciso e risoluto nel voler dare il proprio contributo: «Sono stato due giorni a guardare le immagini di quello che stava accadendo, ero distrutto, mi son detto che dovevo fare qualcosa».
Bogdan ha raccontato come subito dopo l’inizio del conflitto, e grazie al lavoro del Consolato Generale d’Ucraina a Milano, si sono fatte avanti molte persone disposte a collaborare per spedire gli aiuti umanitari: «Abbiamo avuto una risposta istantanea, all’inizio portavano i beni da me, avevo la casa piena di scatoloni. In tantissimi sin da subito hanno chiesto come potevano rendersi utili e il Consolato è stato un punto di riferimento. Abbiamo organizzato i pullman con gli aiuti umanitari, che arrivano al confine e poi tornano indietro con i profughi che scappano dalla guerra». Sono 15, infatti, i pullman operativi coordinati dal gruppo di cui fa parte Bogdan, che grazie al lavoro dei volontari portano i beni di prima necessità e tutto ciò che può servire non solo a chi attraversa il confine ma anche e soprattutto alle persone che resistono e restano in Ucraina. Medicinali, vestiti e anche oggetti specifici che possono rivelarsi utili in un contesto di precaria stabilità e di emergenza, come i bisturi, partono dall’Italia per arrivare in Romania, al confine con l’Ucraina: da lì i volontari fanno ritorno con i cittadini ucraini che vogliono venire in Italia, mentre una parte dei beni viene smistata tra i profughi che varcano il confine, un’altra viene spedita con i treni e i canali del posto alle città ucraine, anche se resta molto difficile arrivare nelle zone calde.
I punti di raccolta a Milano sono in via Meda e al Consolato, in via Fratelli Breme, ma ci sono anche a Monza e Desio e sono sparsi in tutta la Lombardia e l’Italia: clicca qui per scoprire come puoi dare il tuo contributo.