Uno studio della Multimedica identifica un nuovo marker molecolare (il miR-21) in grado di predire il rischio di sviluppare il diabete.
L’analisi, che ha arruolato 531 pazienti, si è concentrata su un sottogruppo di 207 soggetti con glicemia elevata (prediabete), a cui è stato consigliato di seguire un regime alimentare basato sulla “dieta mediterranea” e una modesta attività fisica. Dopo un anno, i ricercatori hanno registrato nell’84 per cento dei soggetti una perdita di peso accompagnata da una riduzione del danno ossidativo, indotto dall’iperglicemia, e dei livelli di miR-21, dimostrando la relazione tra quest’ultimo e il rischio di progressione del prediabete verso il diabete.
Esiste una “terra di mezzo” tra l’essere in salute e la patologia diabetica conclamata, in cui la glicemia inizia ad alzarsi ma si sta ancora apparentemente bene. Apparentemente, perché questa condizione, nota come prediabete, in realtà può già iniziare a essere dannosa per l’organismo. Oggi, per la prima volta, uno studio ne descrive i meccanismi molecolari sottostanti e identifica un nuovo marcatore (il micro-RNA miR-21) che, rilevando la progressione del danno da prediabete, aiuta a predire più efficacemente il rischio di sviluppare il diabete di tipo 2.
Il lavoro, appena pubblicato sulla rivista Cardiovascular Diabetology, è stato condotto dall’IRCCS MultiMedica nell’ambito del progetto di ricerca Diapason (Diabetes Prediction And Screening: ObservatioNal study), che ha visto la collaborazione tra i medici di famiglia della ATS Milano Città Metropolitana, l’Università degli Studi “La Statale” di Milano, la Regione Lombardia e il Ministero della Salute con il sostegno della Fondazione Romeo ed Enrica Invernizzi.
L’équipe di ricerca ha sottoposto a screening una popolazione di 1.506 persone, valutandone il rischio di andare incontro a diabete. Tra questi, 531 pazienti risultavano avere un rischio altissimo e sono stati reclutati per lo studio. Poiché in precedenti analisi dello stesso gruppo di ricerca era stata osservata un’associazione tra glicemia alta e una piccola molecola di RNA, il miR-21, i ricercatori sono andati a misurare proprio la concentrazione di questa molecola. A un sottogruppo di 207 pazienti, che presentavano livelli particolarmente allarmanti di glicemia, è stato poi proposto un programma di “habit-intervention”, un cambiamento dello stile di vita basato sulla “dieta mediterranea”.
«Dopo un anno, nell’84 per cento del campione che aveva seguito il nuovo regime alimentare, abbiamo rilevato non solo perdita di peso, diminuzione dell’indice di massa corporea e miglioramento dei parametri cardiometabolici, con riduzione della glicemia, come era facile prevedere, ma soprattutto una riduzione del miR-21, il che ci ha confermato la relazione tra questa molecola e i valori di glucosio nel sangue – spiega Lucia La Sala, ricercatrice dell’IRCCS MultiMedica e firmataria dello studio -. Il dosaggio del miR-21, associato alla glicemia, può quindi diventare un nuovo importante indicatore di prediabete e del rischio di andare incontro a diabete conclamato. Ma c’è di più. All’aumentare della glicemia, si sviluppa anche stress ossidativo, causa di danno vascolare, alimentato dallo stesso miR-21 che inibisce la capacità antiossidante delle cellule. Dopo l’intervento sullo stile di vita, abbiamo osservato una significativa riduzione di questo danno che, essendo nell’ambito di valori del prediabete, è ancora reversibile. Un simile risultato ci permette di affermare che il miR-21 è anche un marcatore molecolare affidabile delle reazioni dannose innescate dall’iperglicemia e della loro eventuale regressione».