Andrii Zelenko ha 35 anni, è un manager di un’azienda milanese e abita in Italia da 11 anni. Qui ha preso una laurea magistrale al politecnico di Milano e si è stabilito a Sesto San Giovanni. I signori Zelenko, mamma e papà di Andrii, conducevano una vita tranquilla e agiata a Kiev e mai si sarebbero aspettati di dover entrare proprio a Sesto San Giovanni, non come visitatori del figlio ma come profughi. È successo venerdì 4 marzo: quando i due sono stati i primi profughi ucraini ad arrivare a Sesto, accolti dal figlio e dal sindaco Roberto Di Stefano.
«Da quando i miei genitori sono arrivati, mi sono calmato – racconta Andrii – anche se la paura rimane per i miei zii e le mie cugine. Loro sono rimasti a Kiev perché ora è praticamente impossibile scappare dalla città».
Per i genitori di Andrii la fuga è stata un colpo di fortuna: «I miei erano in montagna a sciare quando è scoppiata la guerra, al confine con Romania e Ungheria. Non era già più possibile tornare a Kiev e così sono venuti qui».
Nessuno si aspettava che le cose degenerassero in questo modo: «Noi ucraini – puntualizza Andrii – viviamo in uno stato di tensione da otto anni. Ma non ci si aspettava un attacco». Andrii però rimane fiducioso e aggiunge: «Non ho mai visto un’unione del popolo così forte. Penso che vinceremo ma non si sa quante vittime e distruzione ci costerà».
Anche i signori Zelenko non perdono la fiducia: «I miei non vedono l’ora di tornare a Kiev. Qui non riescono ad accettare di sentirsi profughi: fino a qualche settimana fa conducevano una vita normale. Forse è questo che – più di tutto – crea un senso di straniamento. Mio padre era meccanico in partita Iva e il fatto di non poter lavorare, di essere bloccato qui senza fare nulla, lo frustra moltissimo. Spero riusciremo a integrarlo nel tessuto sociale cittadino anche ‘sfruttando’ la sua professionalità».
Ma gli zii non sono le uniche persone vicine che Andrii ha a Kiev: «Tantissimi amici, coetanei, sono rimasti in Ucraina. Chi di loro ha esperienza militare si è unito alle forze della resistenza all’invasione russa. Io non ho alcuna esperienza in questo campo e posso solo supportarli da qui, come posso però ammiro e sostengo i cosiddetti “foreign fighters”: uomini e donne che si uniscono all’esercito ucraino anche se non sono cittadini ucraini, per proteggere i valori del mondo occidentale».
Intanto, il numero di profughi in arrivo a Sesto sta dando vita a una piccola ‘comunità’ ucraina, accolta dai cittadini, che nel frattempo donano beni di prima necessità a chi non ha potuto lasciare il paese e si trova a vivere in condizioni difficilissime: «Sono in contatto con due ospedali di Kiev e so che mancano farmaci e latte in polvere per neonati. Perciò mi appello anche ai residenti sestesi: se potete, donate questo tipo di prodotti, prima di tutto il resto».