La cefalea è un sintomo che si può associare a molteplici malattie che hanno natura diversa ed è una delle cause più comuni che spingono a richiedere una visita di controllo presso un ambulatorio medico. Quando gli episodi sono cosi acuti e frequenti, da limitare l’ambito sociale, relazionale e lavorativo di chi ne soffre, si determina un evidente ridimensionamento della qualità di vita di chi ne accusa i sintomi e dal punto di vista diagnostico spesso non è valutata adeguatamente.
Il disagio per coloro che soffrono di emicrania in forma grave, con la pandemia è aumentato del 30-40% a causa di medici specialistici richiesti per carenza di personale in altri reparti, a causa della difficoltà per poter effettuare una visita e per l’aumento in generale di uno stato di ansia e depressione generato dall’emergenza pandemica che ha colpito tutta la comunità, aggravando la situazione di chi soffriva già di emicrania cronica.
Cristina Tassorelli ordinario di Neurologia presso l’università di Pavia e presidente della IHS (International Headache Society) ha spiegato che chi tende a soffrire di emicrania, cerca di autocurarsi con antidolorifici e anti-infiammatori, provocando il peggioramento del problema che diventa cronico. In un lavoro pubblicato su Cephalalgia, Tassorelli spiega che l’ultima variante la Omicron ha causato in paesi come la Germania una sospensione delle visite ed in Italia, portando come riferimento il centro di Pavia, i consulti sono stati a singhiozzo e molto rallentati a causa delle quarantene e degli isolamenti che hanno provocato la disdetta di molte visite. Gli affetti da tale patologia colpiti dalla variante Delta, hanno manifestato dei mal di testa molto più frequenti e persistenti, a volte simili, a volte diversi, da quelli che accusavano in precedenza.
Come riporta l’Ansa, Tassorelli descrive nello studio che con la pandemia ci sono stati anche effetti positivi per alcuni pazienti di cefalea, i dati migliorativi provengono dallo smartworking che ha abbassato il livello di stress ed ha permesso una migliore gestione della giornata e dalla telemedicina, usata poco in Italia perché non riconosciuta, che in questa situazione di emergenza ha trovato un margine più altro di applicazione ed è sicuramente in via di sviluppo. Esclusa la prima diagnosi del paziente che va fatta in presenza, nella fase successiva la cura della cefalea può essere gestita a distanza. Inoltre la ricerca non si è mai fermata in questi anni di Covid-19 e grazie a molti studi in fase avanzata, in futuro saranno immessi nel mercato nuovi farmaci già disponibili in USA, che amplieranno la disponibilità di cura attuale, molecole simili all’azione degli anticorpi monoclonali, che saranno assunte per bocca, per prevenire l’attacco, in aggiunte a nuove soluzioni terapeutiche per quando la cefalea è già in fase avanzata.
Flavia Pruner