In occasione della Giornata contro la violenza sulle donne nel liceo Bottoni di Milano un docente si è rifiutato di fare lezione perché alcuni studenti si sono presentati in gonna per solidarizzare con le donne vittime di violenza di genere e denunciare la misoginia.
Un gesto che al professore di Storia e Filosofia non è sembrato ‘adeguato’ e la sua reazione è stata immediata. Infatti, l’insegnante ha redarguito gli alunni, con una nota sul registro, e si è diretto dalla preside dichiarando di non poter fare lezione perché gli studenti erano vestiti in modo indecoroso e poco consono. Tuttavia, la risposta della preside è stata lapidaria: la dirigente, infatti, ha chiesto al professore di andare in classe e fare lezione oppure tornarsene a casa. Ma la posizione del professore è stata irremovibile e la presenza di studenti vestiti in quel modo era davvero inaccettabile per lui.
Di fatto la sua strenua battaglia parte da lontano e nelle sue esternazioni social il professore in questione non ha mai mancato di far presente le sue istanze. Ad esempio, commentando l’iniziativa Zucchi in gonna del liceo Zucchi di Monza del 10 novembre, aveva definito la preside «Scellerata che permette ai suoi allievi maschi (si fa per dire), altrettanto scellerati, di indossare la gonna, a lezione, contro il ‘sessismo’ immaginario».
La lotta contro il «Mondo alla rovescia, fucina di ogni sovversione omo-femminista», come scrive il professore in un altro post sempre commentando l’iniziativa dello Zucchi, lo aveva portato già allora ad una decisione irremovibile: «Se fossero i miei allievi rifiuterei categoricamente di fare loro lezione, e mi interrogherei seriamente su mie eventuali responsabilità in tanta follia». Due settimane dopo è arrivata l’occasione giusta per dimostrare la sua risoluzione, rimane ignoto il fatto se sia interrogato su delle sue responsabilità.
Di certo le domande che sembra non essersi mai posto sono parecchie e dalla sua posizione non si smuove, anche perché «Esistono dei principi che non sono negoziabili» scrive, che lo hanno portato a definire il sessismo come immaginario e ad usare frasi come ‘maschi si fa per dire’ che di sessismo e discriminazione sono colme. Di fondo non c’era da aspettarsi solidarietà e approvazione per una manifestazione contro la misoginia da una persona che si lancia in giudizi storico-sociologici alquanto discutibili: «È giusto, anzi stragiusto scandalizzarsi per l’ultima mattana, ma non bisogna mai dimenticare quella precedente. Se il maschio in gonna è l’ultimo obbrobrio omo-femminista, esso non è logicamente e storicamente concepibile senza il suo antecedente simmetrico: la donna in pantaloni».
La pretesa, ribadita anche dalla preside, era che svolgesse semplicemente il suo lavoro e lui si è rifiutato. Sabato 27 novembre sono stati gli studenti, però, a protestare, decidendo di non presentarsi in classe per la sua lezione, sostando fuori dall’aula. Sta alla sensibilità di ognuno decidere chi in merito a determinate questioni abbia una lezione da insegnare e chi, invece, dovrebbe apprendere.