Mario Draghi per riordinare l’Italia, almeno così sembra. Tutti insieme, o quasi, per tenere in piedi la Nazione e incollare i cocci. Per carità, massimo rispetto per l’economista, anzi, averne altri non sarebbe male.
Ma il punto è un altro, più riflessivo, che induce i presidenti della Repubblica, sempre più spesso, a trovare figure esterne alle camere per guidare l’Italia, per mettere quasi tutti d’accordo come fu per Ciampi, Dini e Monti. Se vogliamo, anche Giuseppe Conte, chiamato a guidare l’Italia, non era stato eletto in nessuno dei due rami del Parlamento, ma scelto dai partiti che nel 2018 si misero insieme per governare.
Insomma, parliamoci chiaro, il tutto è frutto di una politica litigiosa che non riconosce, o non vuole riconoscere, colleghi capaci all’interno dei propri habitat, anche di schieramenti opposti, come accadeva in passato tra i vari Andreotti, Craxi, Spadolini o altri, tutti di partiti diversi, dove la leadership non veniva messa in discussione o quanto meno rispettata.
Poi, con la cosiddetta seconda Repubblica, tutto è cambiato. Da capire, ora, se in bene o male!
L’editoriale del Gazzettino Metropolitano è a cura del direttore Marco Fabriani