I fatti risalgono al 20 agosto 2006: al pronto soccorso della clinica Mangiagalli di Milano, si presentò una donna sotto shock che riferì ai medici che, alle 6 del mattino, mentre stava raggiungendo a piedi la fermata dell’autobus per recarsi a lavoro, era stata avvicinata da un cittadino nordafricano, il quale, con la scusa di domandare l’ora, l’aveva dapprima afferrata per le braccia, poi, una volta messale la mano davanti alla bocca per impedirle di chiedere aiuto, l’aveva trascinata con brutalità in un’area dismessa dove, minacciandola con una grossa pietra, l’aveva costretta a spogliarsi e a subire ripetute violenze sessuali.
Subito dopo, l’uomo le aveva sottratto una catenina d’oro, 20 euro e il telefono cellulare, dandosi alla fuga nelle vie limitrofe. Nel corso del tempestivo sopralluogo eseguito da personale del Nucleo Operativo e della Sezione Investigazioni Scientifiche del Comando Provinciale Carabinieri di Milano, vennero repertati alcuni mozziconi di sigaretta, uno dei pendenti che indossava la donna, il sasso utilizzato come arma impropria e un capello nero. Tali reperti, oltre ai tamponi vaginali e ai vestiti indossati dalla vittima al momento dei fatti, venerro inviati al R.I.S. di Parma per gli accertamenti biologici finalizzati all’estrazione di un eventuale profilo genetico, all’esito del quale era stato possibile estrarre un profilo Dna maschile. Tuttavia, non essendo emersi ulteriori elementi nel corso delle incessanti attività d’indagine volte ad identificare l’autore dell’efferata violenza, il procedimento penale veniva archiviato.
Il tutto, almeno, fino a pocji giorni fa quando un’articolata attività d’indagine coordinata dal V Dipartimento della Procura della Repubblica di Milano (Proc. Agg. Dott.ssa Maria Letizia Mannella e Sost. Proc. Dott.ssa Alessia Menegazzo) e di serrate ricerche, i militari del Nucleo Operativo della Compagnia Carabinieri Milano Porta Monforte hanno rintracciato e dato esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal G.I.P. del Tribunale di Milano nei confronti di un cittadino algerino di 49 anni, senza fissa dimora, irregolare sul territorio nazionale e con precedenti penali e di polizia per reati contro il patrimonio e la persona, in quanto gravemente indiziato dei reati di violenza sessuale e rapina, entrambi aggravati, in danno della donna italiana, 41enne all’epoca dei fatti.
Nel dettaglio, il 30 novembre 2020 (a distanza di oltre 14 anni), il R.I.S. di Parma ha comunicato che la Banca Dati Nazionale DNA aveva accertato una concordanza positiva tra il profilo Dna maschile tipizzato attraverso gli accertamenti biologici eseguiti sui reperti rinvenuti sulla scena del crimine con quello estrapolato da un tampone salivare eseguito all’indagato presso la Casa Circondariale di Milano San Vittore (dove si trovava ristretto nel 2017 poiché resosi responsabile di furto e, successivamente, scarcerato). Pertanto, i militari del Nucleo Operativo della Compagnia Milano Porta Monforte, a seguito della riapertura delle indagini e di una complessa attività info-investigativa, anche di tipo tecnico, coordinata dal Procuratore Aggiunto Dott.ssa Mannella e diretta dal Sostituto Procuratore Dott.ssa Menegazzo, hanno avviato serrate ricerche che hanno consentito di rintracciare l’indagato e di riportarlo in carcere, questa volta con un’accusa ben differente.
«L’attività d’indagine ha permesso, infine, da un lato di apprezzare il funzionamento e l’efficacia della Banca Dati Nazionale del DNA quale strumento di indagine all’avanguardia per la magistratura e le Forze di Polizia, sia sul piano tecnologico sia sulla certezza e sicurezza dei dati sensibili, utilizzabile nella ricerca delle persone scomparse, nella risoluzione dei delitti irrisolti e nella cooperazione internazionale di polizia, dall’altro di confermare il ruolo sempre maggiore rivestito dalla genetica forense e dalla biologia applicata al mondo delle investigazioni», hanno dichiarato daglu uffici delle forze dell’ordine.