Non solo macchinari nei reparti covid e nella terapia intensiva. C’è anche l’aspetto umano. All’Ircss Policlinico San Donato di Milano è stato avviato un protocollo ad hoc per rispettare la parte umana delle cure in terapia intensiva in questo periodo di emergenza coronavirus. Il protocollo si basa su rassicurazione, contatto costante con i familiari e accudimento dei pazienti, oltre gli aspetti medici.
Il primo step è stato l’utilizzo della mail per avvisare i parenti del paziente. «Non essendo un’attività programmabile, non sappiamo mai quando avvertire i parenti: a volte vengono avvisati tardi, altre volte non ci sono i contatti per raggiungerli – spiega il dottor Marco Vittorio Resta, referente della Terapia Intensiva Covid I del Policlinico San Donato -. Abbiamo quindi voluto definire una procedura condivisa per mantenere i contatti con i familiari: appena abbiamo notizia dell’arrivo di un paziente, avvisiamo prontamente la famiglia e chiediamo loro un indirizzo mail».
«Spieghiamo ai parenti che in terapia intensiva non mancano gesti di affetto o le attenzioni per i particolari, come fare la barba o mantenere in ordine i capelli: cerchiamo di sostituire l’amore che i familiari darebbero al malato», prosegue il dottore. La terapia intensiva è ‘aperta’ ai familiari, che vengono aggiornati costantemente sulle condizioni del paziente. È previsto un infermiere ogni due pazienti, è sempre presente un medico, il monitoraggio e l’accudimento sono continui, nessuno viene abbandonato.
Il culmine di questo progetto di umanizzazione prevede anche la possibilità di fare visita al parente per l’ultimo saluto.«Durante la prima ondata di epidemia ci è capitato di usare il tablet per far vedere per l’ultima volta il paziente alla sua famiglia. Un’esperienza davvero commovente, che perde però di umanità», spiega il medico. Ora l’ospedale ha ottenuto l’autoizzazione all’ingresso dei parenti per l’ultimo saluto, nel rispetto dei protocolli di sicurezza.
«Riteniamo che permettere a un parente di dare l’addio al proprio caro sia un atto fondamentale, un gesto che può portare un piccolo sollievo in un momento di grande sofferenza», chiosa il dottor Resta.