Il Coronavirus passato ai raggi X grazie a un progetto che permetterà di analizzare, con un database ad hoc, tutti i casi trattati passati per l’ospedale Niguarda (oltre 1.000 dal 20 febbraio al 2 giugno): se ne occuperà il “COVID 19 Niguarda Working Group”, gruppo di lavoro costituito per la gestione e il coordinamento di specifiche progettualità legate alla pandemia.
Il progetto, nato con l’approvazione del Comitato Etico Milano Area 3, servirà a garantire le migliori cure adesso e nel caso di una recrudescenza del virus, ma anche ad approfondire i numerosi interrogativi posti dalla nuova pandemia.
Nell’ambito di questo studio originale, promosso dal Dipartimento di Medicina Polispecialistica di Niguarda, si sta facendo un lavoro di strutturazione e analisi di dati complessi di carattere clinico, di laboratorio, di diagnostica per immagini e relativi alle terapie come osservato e raccolto durante la cura questi pazienti.
«Lo scopo è fare ricerca e chiarezza su numerosi punti aperti relativi alla malattia da COVID, quali in primis lo studio delle possibili associazioni tra le caratteristiche del paziente come ad esempio l’età, il genere e le comorbidità con la letalità della malattia», spiega l’ospedale in una nota.
Sarà possibile esplorare il ruolo potenziale di altri fattori prognostici non ancora conosciuti e che potrebbero essere utili nella gestione futura della malattia, come l’ipotesi in corso di studio di un effetto a lungo termine sul sistema cardiovascolare.
Non ultima, la fotografia della situazione durante la fase di ospedalizzazione sarà utilissima durante la prosecuzione del follow-up dei pazienti dimessi come messo in atto nel programma di visita ambulatoriali dedicato a chi è stato dimesso con una diagnosi di COVID.
I primi dati dello studio
«Dei pazienti ospedalizzati per infezione COVID, oltre il 75 per cento ha avuto necessità di elevate cure per il trattamento della grave sindrome respiratoria associata e circa 1 paziente su 6 è stato trattato in ambito di cure intensive presso la rianimazione», continua la nota.
Oltre l’80 per cento dei pazienti ospedalizzati aveva almeno una patologia nota e antecedente il ricovero e questa condizione di complessità ha richiesto un intenso sforzo di collaborazione multidisciplinare che andasse oltre la gestione della compromissione polmonare data dalla malattia.
Inoltre, l’interessamento multisistemico osservato durante l’infezione da COVID, ha richiesto che fosse ottimizzato al massimo il coordinamento di molteplici medici specialisti in favore di un approccio globale alla cura del paziente.