È italiana la più antica pinna dorsale in un rettile: è quella di un ittiosauro del Triassico, che ha 240 milioni di anni. A questa importante scoperta hanno contribuito due cittadini di Sesto San Giovanni.
Il Mixosaurus cornalianus visse quindi ben prima dei dinosauri e presenta caratteristiche miste di rettile e di pesce. Il reperto con la pelle fossilizzata è stato portato alla luce al Museo di Storia Naturale di Milano e studiato da paleontologi lombardi fra cui appunto due cittadini sestesi. Sono Silvio Renesto, professore di paleontologia all’Università degli Studi dell’Insubria e primo autore dello studio; e Fabio Fogliazza, preparatore del Laboratorio di Paleontologia del Museo e coautore dello studio.
Si tratta di una specie di ittiosauro piuttosto frequente nel giacimento triassico di Besano-Monte San Giorgio, che affiora a cavallo tra il Canton Ticino e la provincia di Varese ed è un sito assai famoso nel mondo, protetto anche dall’Unesco. Decine di mixosauri sono conservati al Museo di Zurigo, ma nessuno finora era emerso così ben conservato.
«Nei nuovi esemplari del Museo di Storia Naturale di Milano è conservato un velo di pelle che delinea la forma triangolare delle pinne e che permette finalmente di ricostruire il profilo del corpo di Mixosaurus con grande precisione», emerge dallo studio.
Mixosaurus non è un parente dei dinosauri e ha antenati terrestri simili a lucertole, da cui ereditò le quattro zampe trasformandole in pinne per nuotare. «Ma nessuno immaginava che, non troppo tempo dopo l’entrata in mare, gli ittiosauri sviluppassero molto presto una pinna dorsale, molto simile a quella degli squali e dei delfini. Lo studio di nuovi esemplari testimoniano che questi caratteri apparvero 50 milioni di anni prima di quanto si pensava», spiegano gli studiosi.
La scoperta è avvenuta in laboratorio, durante la messa in luce di un fossile che era stato estratto anni fa dal giacimento di Besano (Varese), dove il Museo di Storia Naturale di Milano ha condotto lunghi scavi sistematici, su concessione della Soprintendenza della Lombardia.
Fabio Fogliazza ha rimosso i sottili strati di sedimento che ricoprivano il fossile, oltre alle ossa ha cominciato a trovare lembi di pelle. Con una forma ben precisa: era una pinna triangolare. Che sotto il microscopio appariva rinforzata da fibre di cartilagine perfettamente allineate.
«Questa scoperta anticipa la comparsa della pinna dorsale negli ittiosauri di quasi 50 milioni di anni e indica che questi rettili marini svilupparono adattamenti per nuotare in modo efficiente assai prima dell’inizio del Giurassico», riferisce Silvio Renesto.
«La fossilizzazione è davvero eccezionale – conclude Cristiano Dal Sasso Paleontologo del Museo di Storia Naturale di Milano e coautore dello studio, tanto che al microscopio elettronico si riescono a vedere in 3-D le singole fibre di collagene che rinforzavano la pinna dorsale e quella caudale, e persino gli strati della pelle: era un rettile ma aveva la pelle liscia, non squamosa». Inoltre le cartilagini di queste pinne sono conservate benissimo e appaiono rinforzate come in certi squali moderni e come negli ittiosauri giurassici più evoluti.
Come, nei nostri mixosauri la particolare architettura delle fibre di collagene irrobustiva le pinne prive di sostegno osseo e ne garantiva al contempo una flessibilità dinamica. La pinna dorsale, posizionata esattamente nel punto di maggiore circonferenza del torace, aiutava a prevenire beccheggio e rollio del corpo e dunque dava maggiore stabilità ed efficienza al nuoto.
Un altro esemplare, trovato nello stesso strato di roccia accanto al primo, ha invece conservato un tratto dell’intestino ripiegato a U, fossilizzato con tanto di pieghe della muscolatura viscerale, e tracce dello stomaco con resti di cibo: scaglie di pesce e uncini di calamari.
«Prede veloci nel nuoto e non certo facili da catturare. E questo conferma che Mixosaurus era davvero un abile nuotatore. I due esemplari hanno dimensioni quasi identiche – circa un metro di lunghezza, e sono entrambi adulti, come mostrano gli scheletri ben ossificati», concludono.