Un consiglio comunale a porte chiuse che è diventato teatro di una bagarre senza precedenti. A Sesto San Giovanni, durante la seduta di martedì 25 febbraio, chiusa al pubblico a causa dell’ordinanza regionale sul Coronavirus, si sarebbero dovute discutere tre delibere di consiglio e tre mozioni.
«Dopo la terza delibera – denunciano dal Pd di Sesto – il presidente del consiglio Giovanni Fiorino, senza averlo concordato con i consiglieri, cancella la discussione delle tre mozioni (ce ne sono dieci in attesa di discussione da un anno), dicendo che non erano urgenti. Un atto gravissimo».
Secondo il Pd, ci sono stati altri due atti ‘gravissimi’ durante la seduta di martedì sera: «Per prima cosa – spiegano i democratici -, al termine della discussione, senza averne diritto alcuno, hanno preso la parola gli assessori Claudio D’Amico e Roberta Pizzochera, criticando l’operato delle opposizioni in consiglio comunale, senza che ai nostri consiglieri fosse poi permesso di rispondere in alcun modo, una forzatura del regolamento comunale che permette alla maggioranza di trattare il consiglio comunale non come il luogo del confronto democratico ma come il momento per i comizi personali».
La seconda questione oggetto di forte critica da parte delle opposizioni riguarda il regolamento comunale recentemente modificato. Secondo le nuove regole, la maggioranza deve presentare gli emendamenti con 24 ore di anticipo, a differenza di prima, quando le proposte di modifica venivano poste direttamente durante la discussione.
«Al posto di discutere le nostre proposte di modifica – denunciano dal Pd – la maggioranza usa questo ‘anticipo’ per trovare un modo di non discuterle». L’oggetto del contendere riguarda il contratto che il Comune ha proposto all’associazione Avis per la sua nuova sede: «Si tratta di un contratto di 6 anni che prevede un rinnovo solo per ‘un breve periodo’, non meglio specificato – racconta il Pd -. Noi abbiamo proposto che il contratto fosse di 6 anni più altri 6, in modo che Avis, storica associazione di Sesto, avesse tempo per ammortizzare le spese. Ci è stato risposto che che il tacito rinnovo del contratto non fosse legale per la legge nazionale sui beni confiscati alla mafia. Noi però non abbiamo proposto il tacito rinnovo ma una nuova delibera di consiglio nel momento in cui il contratto avrebbe dovuto rinnovarsi». Il comportamento della maggioranza è stato bollato dalle opposizioni come «Paura del confronto».
La stessa maggioranza ha risposto che: «La questione era puramente tecnica: gli emendamenti erano inammissibili perché contrari alla Legge, che dice determinate cose. Loro volevano emendare, ma non è possibile».