È successo sui banchi di un’aula affollata: aveva appena iniziato la laurea magistrale in Psicologia e, assistendo a un corso di sociologia delle disuguaglianze, la sestese Irene Facheris decise che voleva cambiare le cose, a partire da se stessa. Il 21 gennaio è uscito il suo secondo libro: ‘Parità in pillole’, edito da Rizzoli.
Irene, dopo Creiamo Cultura Insieme questo è il tuo secondo libro. Cosa è cambiato dalla prima esperienza?
«Il mio primo libro è uscito settembre 2018, questo solo un anno dopo, a gennaio 2020. Nel primo caso, il volume è andato in ristampa dopo due giorni, arrivato a 3mila copie vendute. Anche Parità In Pillole è andato in ristampa dopo soli 3 giorni, ma con 6mila copie vendute. È stata una grande emozione».
Come mai hai deciso di scrivere un libro che richiama proprio la tua rubrica, già molto conosciuta?
«Ho pensato che dovesse rimanere qualcosa, in una forma diversa e più fruibile. Qualcuno sta guardando le puntate ma sono tantissime, ben 150, e un libro di 200 pagine è più facile da consultare. C’è anche il fattore ordine: le puntate di parità in pillole hanno seguito un ordine logico fino a un certo punto. Con il libro volevo immettere nel mondo qualcosa che avesse una logica anche temporale».
Di cosa parla Parità In Pillole?
«La tematica principale è il femminismo e le questioni di genere. Diciamo che si potrebbe definire un vademecum: chiama i fenomeni sociali con il loro nome, ne spiega le origini, spiega perché siamo tutti e tutte coinvolte. Io credo che non esistano persone cattive, ma solo poco consapevoli di certi meccanismi e di come questi facciano male anche a loro. Per esempio, una delle prime pagine del libro ha come oggetto proprio me e i miei comportamenti di qualche tempo fa».
A chi consiglieresti questo libro?
«A chi sente di averne bisogno e a chi scoprirà di averlo. A tutti coloro che hanno bisogno di avere un posto che racchiuda queste questioni. Ma è pensato anche per chi non ne sa ancora nulla, per tutti coloro che pensano che la parità sia raggiunta. Per aprire gli occhi senza sentirsi giudicati».