Con il Gazzettino Me Too vogliamo raccontare le storie di tutte quelle donne che, in un modo o nell’altro, hanno dovuto subire atti di sessismo, di qualsiasi forma o entità. Garantiremo l’anonimato delle vittime, per tutelare le protagoniste delle storie; e chiunque può contattarci (alla mail redazione@ilgazzettinodisesto.it) per raccontare la propria esperienza. Parte del progetto si svilupperà in collaborazione con le forze dell’ordine. Su eventuale richiesta di chi ci scrive, attiveremo un canale di comunicazione diretto e preferenziale, basato innanzitutto sulla prevenzione, con la polizia locale di Cinisello Balsamo.
Ecco tre storie di ordinaria disparità:
In macchina: «Fingeva di chiedere indicazioni stradali per adescarci»
Marina è una lettrice di oltre cinquant’anni che, dopo decenni, ha deciso di raccontarci un episodio di molestia accaduto quando era solo un’adolescente: «Camminavo con un’amica in zona Campo dei Fiori a Cinisello. A un certo punto, in pieno giorno, una macchina accosta accanto a noi, un uomo abbassa il finestrino e ci chiede indicazioni stradali. Io mi sono avvicinata per rispondergli mentre la mia amica era rimasta circa un metro dietro di me. A un certo punto lei inizia a urlare e tirarmi il braccio per allontanarmi. Mi accorgo quindi che, mentre parlavo, l’uomo si era aperto la cintura dei pantaloni e si stava masturbando. Questo episodio mi ha segnato a tal punto che me lo ricordo come se fosse accaduto ieri».
In ufficio: «Volere dei figli è tabù nel mondo del lavoro»
A scriverci è Arianna, che dopo tanti anni ha deciso di ‘denunciare’ ciò che le è successo quando, a 30 anni, stava cambiando lavoro e si era buttata nella lunga trafila di colloqui e selezioni per un nuovo posto. «Credo che quello che è successo a me 10 anni fa succeda ancora quotidianamente a tantissime donne. Allora facevo colloqui per un posto da grafica e l’uomo delle risorse umane che avevo di fronte mi chiese, come fosse la cosa più normale del mondo, se avessi intenzione di avere dei figli. Sono rimasta allibita, una domanda che non avrebbero mai posto a un collega maschio».
Al ristorante: «Divisione dei lavori ancora secondo il genere di appartenenza»
Clelia è una ragazza di 27 anni di Bresso, ci scrive raccontandoci un episodio che all’apparenza può risultare banale ma è di grande significato simbolico per quanto riguarda il sessismo in Italia. «Vorrei raccontare la mia esperienza nel campo della ristorazione. Ho lavorato per anni in diversi locali, dalla provincia a zone molto ‘in’ di Milano. Prima di tutto, ho notato sempre e ovunque che le pulizie venivano lasciate da fare alla componente femminile dello staff, perché erano ‘cose da donne’. Mi ha sempre infastidito parecchio questo atteggiamento. L’altro aspetto riguarda i clienti: per anni sono tornata da Milano a Bresso di notte, prendendo i mezzi a fine lavoro. Mi ripetevano sempre tutti quanto fosse da irresponsabili e pericoloso ciò che facevo. È una cosa che non ho mai sentito dire a un ragazzo. Anzi, ai colleghi maschi venivano fatti i ‘complimenti’ per quanto erano bravi e si sacrificavano nel lavorare fino a notte inoltrata».
Noemi Tediosi