«Scrivere dimostrava che non ero finito, avevo ancora qualcosa da dire»
di Noemi Tediosi
Comico, attore, autore e ora anche scrittore. ‘Ci vuole orecchio’ (edito da Solferino) è il titolo del secondo libro di Gino Vignali, metà della coppia comica Gino e Michele: pionieri di Radio Popolare e autori di moltissime trasmissioni televisive, prima fra tutte Zelig. Un paio di anni fa, Gino Vignali ha iniziato a scrivere un libro, un giallo all’italiana, oggi è al suo secondo romanzo (di quattro) e sabato 23, alle 15.30, lo presenta alla libreria sestese Tarantola di piazza Martiri di via Fani in zona Rondò.
Com’è nata l’avventura di scrittore?
«È nato tutto nel marzo 2017, avevamo chiuso Zelig a dicembre dopo 20 anni. Avevo quindi un sacco di tempo libero e mi sono chiesto: «Chissà se sarei ancora capace di scrivere?» Avevo solo due certezze: primo che la storia dovesse essere ambientata a Rimini, città natale di mia madre, e secondo che la protagonista dovesse essere una donna. Scrivere significava impiegare il tempo senza annoiarmi ma soprattutto dimostrare che avevo ancora qualcosa da dire: non ero finito e nemmeno andato in pensione».
Esordire come autore ‘da solo’, ha creato divisioni con Michele?
«È molto semplice, si tratta di un libro ‘di genere’ e Michele odia il crime, inoltre non è mai stato a Rimini, sarebbe stato ridicolo firmarlo insieme. Nel frattempo anche lui ha pubblicato due libri sull’arte, una raccolta di racconti ispirati a Hopper. Quindi diciamo che siamo pari».
Il personaggio femminile, la protagonista, è una vice questore bellissima, intelligente e simpatica. Caratteristiche poco comuni agli investigatori classici.
«Volevo investigatori come non ce ne sono. La letteratura gialla è fatta quasi tutta da commissari o questori che hanno grosse problematiche. Soprattutto i personaggi
anglosassoni seguono un precetto: se vuoi mettere il naso e combattere il male, ce lo devi avere dentro. Io volevo un personaggio che non avesse problemi, che fosse bellissima: per un uomo è più facile scrivere di una donna bellissima, perché se la immagina, fantastica e soprattutto perché pensando a una riduzione televisiva o cinematografica mi sembrava più adeguato».
Pensi quindi di farne un film?
«Dal mondo in cui arrivo, l’idea che i libri si trasformino in una fiction è quasi naturale. Ho ceduto i diritti alla Eagle Picture, una società di produzione e distribuzione molto importante».
Il titolo ‘Ci vuole orecchio’ stabilisce un filo rosso con le origini, con la canzone di Jannacci e la trasmissione di Radio Popolare?
«Non è un titolo casuale, senza voler anticipare troppo, ma la soluzione del mistero è legata all’udito e la soluzione non poteva essere che questa. La canzone di Jannacci, scritta da me e Michele nel 1980, ha costituito un punto di svolta. È diventata una hit e ci ha reso conosciuti come autori, abbiamo potuto abbandonare i nostri lavori (io facevo il controller in un’azienda) e diventare ciò che siamo diventati».