La nutrizionista: «Bisogna iniziare dallo svezzamento. Il cibo non va utilizzato come dimostrazione di affetto»
Il Belpaese si colloca al secondo posto in Europa per diffusione dell’obesità infantile tra i maschi (21 per cento) e al quarto per obesità infantile femminile (14 per cento). È questo il dato emerso dal rapporto sulla salute alimentare pubblicato nei giorni scorsi da Helpcode e dall’ospedale Gaslini di Genova. È stata anche istituita una ricorrenza, fissata l’11 di ottobre, per sensibilizzare la popolazione sul problema delle diseguaglianze alimentari e sui pericoli per la salute di cui l’obesità è causa principale. Anche nel Nordmilano qualcosa si è mosso. A Sesto per esempio è stato lanciato il progetto ‘Fit For Kids’.
Ma come è possibile che proprio l’Italia, patria della salutare dieta mediterranea, si trovi a dover fare i conti con questo fenomeno? «Le questioni sono due – spiega Martina Donegani, nutrizionista sestese – spesso la dieta mediterranea viene applicata in modo scorretto, con un eccesso di condimenti o di porzioni. C’è poi anche un problema di percezione: il 40 per cento di mamme con figli in sovrappeso pensano che il proprio bambino sia normo o addirittura sottopeso. Un bambino cicciottello è erroneamente sinonimo di salute e si tende a dimostrare l’affetto attraverso il cibo». Una percezione sfalsata è spesso sintomo di scarsa educazione alimentare, che viene raramente portata avanti nelle scuole o insegnata ai neogenitori. Ma è vera anche l’equazione ‘povertà educativa + povertà economica = povertà alimentare’, almeno secondo Helpcode, che riporta: «Di fatto, la malnutrizione porta all’obesità, che non è mai sintomo di opulenza, ma di dieta contrassegnata da un consumo preoccupante di junk food, cibo spazzatura, bevande dolci e gassate, alimenti con scarsi nutrienti e alto livello calorico». Frutto di un antico preconcetto è anche il risultato più alto dell’obesità maschile rispetto a quella femminile. La nutrizionista Donegani, anche biologa alimentare e consulente del Politecnico di Milano, afferma: «Un maschio cicciotto è benvisto socialmente, mentre una bambina esile rientra nell’immaginario comune. È vero che a volte i maschi fanno più attività fisica e hanno bisogno di un maggiore apporto calorico, ma è molto facile eccedere». Non bisogna dimenticare, comunque, che l’obesità, al pari di altri disturbi alimentari, è uno stato patologico. «Una buona parte dei pazienti obesi, mangia per colmare un vuoto che hanno dentro. Consiglio sempre, quindi, di affiancare al nutrizionista un percorso psicologico. Le abitudini alimentari errate partono già dalla fase dello svezzamento. Ci hanno messo molto tempo a consolidarsi e hanno quindi bisogno di tempo per essere guarite».
Obiettivo #FameZero – L’alimentazione arriva in classe
Sono state più di 98 le classi di scuole elementari e medie interessate dalle iniziative di Dussman Service. La Srl è specialista a livello globale di Facility Management, fornisce servizi di sanificazione, ristorazione e sicurezza, da sempre impegnata nel tema della sostenibilità ambientale. Il progetto si inserisce nel piano Fame Zero, il secondo dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Onu, che coinvolge organizzazioni, aziende e cittadini. Martedì 16 ottobre sono stati spiegati in classe i punti chiave dell’iniziativa, semplificati in un activity book realizzato dalla Fao sul tema della Fame Zero che è stato distribuito ai bambini. Proposto anche il contest: ‘Un poster per la Giornata Mondiale dell’Alimentazione’, con l’obiettivo di stimolarli a ideare possibili soluzioni al problema globale della fame nel mondo. «Secondo l’ultimo rapporto Fao, al giorno d’oggi oltre 815 milioni di persone soffrono di denutrizione cronica. Mentre milioni di persone soffrono la fame, 600 milioni soffrono di obesità e oltre 1,3 miliardi sono in sovrappeso», si legge in una nota della Dussmann.
La proposta di legge: tassare gli zuccheri aggiunti
Una tassa del 20 per cento sullo zucchero aggiunto alle bibite. Questo il contenuto di una lettera aperta della testata Il Fatto Alimentare, inviata al Ministro della Salute e firmata già da oltre 20 medici, ricercatori o tecnologi alimentari. L’ispirazione arriva dalla Gran Bretagna, dove una tassazione del genere è in vigore dal 2016. Dall’imposta, si potrebbe generare «un incasso di circa 235 milioni di euro l’anno», si legge su un articolo del Fatto Alimentare. L’eccesso di zuccheri è infatti una delle cause dell’obesità, che genera nei cittadini italiani problematiche come diabete e malattie cardiovascolari. Di questo risentono anche le casse del sistema sanitario nazionale: il rapporto ‘I costi dell’obesità in Italia’ della Fondazione Policlinico Tor Vergata, stima che la spesa viaggi tra i 6,5 e 16 miliardi di euro l’anno. «In tutto il mondo diversi Paesi hanno adottato una tassa sullo zucchero aggiunto alle bibite – scrive il Fatto Alimentare – per incentivare le aziende a modificare le ricette e creare un fondo destinato a realizzare programmi di prevenzione alimentare».
Distributori di cibi sani nelle scuole milanesi
Il Progetto Eat (Educazione Alimentare Teenagers) è arrivato in alcune scuole medie e superiori di Milano e hinterland nel 2009. L’obiettivo? Rieducare i più giovani a una corretta alimentazione. I ricercatori per mesi hanno osservato il comportamento dei ragazzi che comprendeva il consumo di bevande super zuccherate ai distributori automatici, molte ore in classe e poche di attività fisica. Dopodiché, i distributori di junk food sono stati sostituiti con macchinette che erogavano frutta, verdura e dolci senza zucchero e sono state organizzate lezioni di educazione alimentare. Infine, sono stati introdotti un pedometro che misura l’attività fisica e una bottiglia da riutilizzare per promuovere l’uso dell’acqua. Più di 6mila ragazzi sono stati coinvolti nel progetto. E dopo due anni i risultati sono arrivati: i giovani in sovrappeso hanno mostrato i maggiori picchi di miglioramento, sia per l’introduzione di una maggior attività fisica, controllata dal contapassi, sia per l’assenza di cibo spazzatura contrapposta a un aumento di consumo di frutta, verdura e acqua.
Lo sport è gratuito per combattere l’obesità
«L’obiettivo è entrare nel circuito delle ‘città sane’»
Il Comune di Sesto ha deciso di investire attivamente sulla salute dei bambini sovrappeso e sull’educare i loro genitori. È appena partito ‘Fit for Kids’, il programma che intrattiene i ragazzi dai 7 ai 12 anni con esercizi fisico motori e i genitori con consigli su un corretto stile di vita e alimentare.
Due volte a settimana, il martedì dalle 17 alle 18 e tutti i sabati dalle 10 alle 11.30, l’appuntamento è al Centro Al Villaggio in via Felice Cavallotti 22, dove alcuni istruttori volontari attendono i ragazzi. «In Italia il 36 per cento dei bambini e il 34 per cento delle bambine sono sovrappeso o obesi, con importanti conseguenze sulla salute, oltre che sociali ed emotive. I bambini obesi hanno un rischio più elevato di sviluppare diabete, malattie cardiovascolari, problemi al fegato e anche alcune forme tumorali. La chiave per prevenire l’obesità in età adulta è insegnare il corretto stile di vita fin dai primi anni di vita», si legge in una nota diffusa dal Comune.
L’obiettivo di ‘Fit for Kids’ è anche quello di «Entrare nel circuito internazionale delle ‘città sane’, promosso dall’Organizzazione Mondiale della Sanità», come ha dichiarato il sindaco Roberto Di Stefano, che ha aggiunto: «Sono molto orgoglioso che questo progetto di caratura internazionale parta anche a Sesto San Giovanni. Lavorare con bambini a rischio di obesità e con le loro famiglie riveste una duplice importanza: attività gratuita per chi non può permettersela e promozione dei corretti stili di vita per la tutela della salute»