«Che la sinistra ritorni a fare squadra»

Ripartire dai singoli territori, senza temere il confronto

 

È stata sindaco di Sesto San Giovanni, in passato storica roccaforte della sinistra italiana. Che idea si è fatta di questo Partito Democratico che non è andato bene alle elezioni politiche e amministrative?
«I numeri parlano chiaro e dicono in modo inequivocabile che in questi ultimi anni il Pd ha perso gran parte del suo riferimento elettorale, il contatto con quella parte di cittadini che aveva l’ambizione di rappresentare e che per un tratto di tempo ha rappresentato. Sono state fatte molte analisi sui giornali, sul web, in televisione. Mi sembra che in generale emerga come non ci sia stata da parte del partito la giusta attenzione rispetto a temi prioritari per i cittadini, come il lavoro e la sicurezza. Lo dico avendo avuto come terreno di confronto la vita di una città, la nostra Sesto, e i miei concittadini. Dal 2008 in avanti la crescente crisi economica anche da noi ha fatto molte ‘vittime’. E comunque la qualità della vita di molti è peggiorata sensibilmente, portando con sé anche un senso diffuso d’insicurezza per il futuro. In queste condizioni ha potuto emergere una proposta politica brutale che ha fatto leva proprio sulla paura».

Il Pd si è dimostrato quindi un po’ distante dai problemi reali dei cittadini?
«Certo, con tutta evidenza. La questione però adesso è un’altra: rimontare la sfiducia di chi si è allontanato dalle nostre proposte politiche e tornare ad essere credibili, ripartendo proprio dai fondamenti della convivenza civile e dal senso di comunità. Dobbiamo ripartire veramente dai singoli territori, dai paesi più piccoli alla città, da nord a sud, non con l’atteggiamento di chi pensa di essere comunque dalla parte del giusto e crede di poter raccontare la sua versione della storia.

Bisogna andare nei luoghi
in cui le criticità emergono e lì ascoltare,
mescolarsi con la gente, lavorare con tutti,
e non avere paura del confronto».

Il fatto di tornare a una sorta di Ulivo, a una sinistra unita, può dare maggior forza al Pd e in generale al pianeta della sinistra?
«Credo che ormai i partiti della sinistra, così come li abbiamo conosciuti in passato, non siano più sufficienti. Sono necessari, naturalmente, ma non bastano. Bisogna essere in grado anche di intercettare le tante energie che si muovono con grande dinamismo nella società e che sfuggono alle tradizionali classificazioni della politica. Lo potremmo dire ‘civismo diffuso’ ed è una spinta che riesce ad organizzarsi benissimo specialmente nelle realtà locali. Certo bisogna che i partiti di centrosinistra siano uniti, ma meno rigidi, meno impauriti da contaminazioni esterne. Perché da questa contaminazione può venire sicuramente un arricchimento».

Cosa pensa di Nicola Zingaretti? Il suo modello nel Lazio ha funzionato e ora punta alla segreteria…
«Ho letto la sua intervista sul Corriere. Dice cose condivisibili. Non vorrei però che in questo momento ci si concentrasse solo sul nome del futuro segretario del Pd, ma credo di aver capito che sia anche una preoccupazione dello stesso Zingaretti. In un passaggio dell’intervista dice che dobbiamo impegnarci per immaginare l’Italia del 2050. Concordo sul fatto che un partito debba avere una visione di prospettiva ampia, ma spero che si riesca a immaginare un’Italia un po’ più vicina. Condivido sinceramente invece il passaggio in cui Zingaretti afferma che in Italia c’è un’enorme questione giovanile che la politica non riesce neanche a vedere. Ed è una cosa cruciale, un immenso spreco di talenti, una falla nella nostra storia nazionale. Se non si capisce questa situazione non si può immaginare il futuro di un grande partito popolare del centrosinistra. Oggi, molte difficoltà riguardano i giovani, lo sappiamo tutti, che hanno una prospettiva di futuro incerta, insicura. Io sono figlia di una generazione per cui il cosiddetto ‘ascensore sociale’ funzionava e permetteva di immaginare un futuro migliore. Oggi non è più così . Quando la società è ‘bloccata’ si accentuano le diseguaglianze e si alimenta la rabbia, il senso d’ingiustizia. E lo scopo di un partito di centrosinistra, da sempre, è invece quello di ridurre al minimo le disuguaglianze e dare a tutti pari opportunità».

Se avesse la bacchetta magica, come la utilizzerebbe nei confronti del Pd e della sinistra?
«La userei per eliminare i tanti personalismi che si sono creati e per far crescere un sentimento collettivo, che deve essere il vero protagonista del nostro partito. Per ritornare a un ‘noi’ vero, alla comunità, alla squadra. Vogliamo parlare, come dice Zingaretti, di leadership collettiva? Va bene, chiamiamola pure così.